Antifascismo: letto un sito, letti tutti!

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Messaggio  Admin Mer 01 Ott 2014, 23:36

Antifascismo: letto un sito, letti tutti! Liber246

Sono moltissimi i siti di regime (gestiti quasi sempre da esseri inutili, con due buchi (bocca e cullo) pieni di merda) che riportano  post come quello che segue, in http://ceifan.***/bufale_sul_fascismo, dove dei traditori  asserviti allo straniero scrivono tutto il male possibile, di vent’anni e passa di storia italiana, protetti dalla norma  transitorie (da 66 anni) inserita nella costituzione, e da leggi (Scelba, e Mancino) repressive delle libertà individuali che si vantano di voler garanti con questa falsa “democrazia”.

Nulla di quanto riportato è riscontrabile (né nei provvedimenti legislativi dell’epoca né negli organi di stampa italiani e stranieri, in quest’ultimi prima che l’Italia strappasse all’influenza inglese l’Abissinia), è solo un insulto all’intelligenza di ogni libero cittadino, che vive senza essersi asservito ai politicanti di professione  ma del proprio lavoro. Per lo più si addita al Fascismo la colpa di voler dopo 74 anni dalla nascita dello Stato unitario un’Italia Grande fra le Grandi. I cittadini meno giovani, specie nel Nord Italia, potranno meditare su gli infausti anni (1943-1945) di asservimento di tanti di loro all’utopica idea che voleva consegnare l’Italia ai soviet sovietici.
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Le bufale sul fascismo
Ecco tutte le bufale di cui si riempiono la bocca quelli che vorrebbero “riabilitare” quello SCHIFO che è stato il fascismo !!
È da molto tempo che circolano su internet bufale sul fascismo e su Mussolini, spesso strumentalizzate a fini politici o di riabilitazione del fascismo, che vengono condivise da molte persone ignare della loro attendibilità. Qui di seguito verranno riportati alcuni miti su Mussolini.
Per ben inquadrare il periodo storico, ricordiamo che governò l’Italia dal 28 ottobre 1922 alla fine del fascismo con la seconda guerra mondiale, finendo per essere giustiziato dagli italiani il 28 aprile 1945 (data che coincide con la fine di quello che restava del fascismo).
Invece, per inquadrare bene Mussolini ed il fascismo,  ecco spiegato in breve i suoi doni all’Italia.
Squadrismo e violenza politica
Fra le attività “qualificanti” del fascismo del primo periodo vi è il sistematico ricorso alla violenza contro gli avversari politici, le loro sedi e le loro organizzazioni, da parte di bravacci legati ai ras locali. Torture, olio di ricino, umiliazioni, manganellate. Non di rado, tuttavia, gli oppositori perdevano la vita a seguito delle violenze.
Un calcolo approssimativo induce a calcolare in circa 500 i morti causati dalle spedizioni punitive fasciste fra il 1919 e il 1922. Il parroco di Argenta, don Giovanni Minzoni, fu assassinato in un agguato da due uomini di Balbo, nell’agosto del 1923. Ma anche quando il fenomeno della violenza squadrista sembrò perdere le proprie caratteristiche originarie, e gli uomini legati ai ras locali vennero convogliati in organizzazioni ufficiali come la Milizia volontaria, forme di violenza politica sostanzialmente analoghe allo squadrismo non cessarono di costellare la vicenda del fascismo al potere.
Per tutti, tre casi notissimi: nel giugno 1924 Giacomo Matteotti venne rapito e assassinato con metodo squadrista, e il gesto sarebbe stato esplicitamente rivendicato da Mussolini nel gennaio dell’anno successivo; Piero Gobetti, minato dall’aggressione subita nel settembre 1924, morì due anni dopo, in esilio; Giovanni Amendola spirò per le ferite riportate in un’aggressione fascista subita nel luglio 1925.
La repressione – dagli omicidi al Tribunale speciale per la difesa dello Stato
Assunto il potere Mussolini si poté giovare dell’apparato di repressione dello Stato. Che venne rafforzato e riorganizzato. Con la nascita dell’OVRA (l’Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo) venne razionalizzata la persecuzione degli antifascisti, con tutti i mezzi, legali e illegali. Anche l’omicidio politico in paese straniero. Arturo Bocchini, capo della polizia, venne incaricato dallo stesso Duce e dal ministro degli Esteri Galeazzo Ciano di eliminare fisicamente Carlo Rosselli che allora risiedeva a Parigi.
Il 9 giugno 1937, a Bagnoles-de-l’Orne dove Carlo Rosselli e il fratello Nello si erano recati per trascorrere il fine settimana, un commando di cagoulards (gli avanguardisti francesi) compì la missione: bloccata l’auto sulla quale viaggiavano i due fratelli, Carlo e Nello furono prima pestati, poi, accoltellati a morte. Lo strumento ufficiale della repressione fascista fu invece il Tribunale speciale per la difesa dello Stato. L’attentato di Anteo Zamboni a Mussolini, il 31 ottobre 1926, offrì l’occasione di una serie di misure repressive.
Tra queste la “legge per la difesa dello Stato”, n. 2008 del 25 novembre 1926, che stabilì, tra l’altro, la pena di morte per chi anche solo ipotizzava un attentato alla vita del re o del capo del governo. A giudicare i reati in essa previsti, la nuova normativa istituì il Tribunale speciale, via via prorogato fino al luglio 1943, quindi ricostituito nel gennaio 1944, nella Rsi. Nel corso della sua attività, emise 5619 sentenze e 4596 condanne. Tra i condannati anche 122 donne e 697 minori. Le condanne a morte furono 42, delle quali 31 furono eseguite mentre furono 27.735 gli anni di carcere. Tra i suoi ‘beneficati’, ci furono Antonio Gramsci, che morì in carcere nel 1938, il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini e Michele Schirru, fucilato nel 1931 solo per avere espresso “l’intenzione di uccidere il capo del governo”.
Il confino
Il confino di polizia in zone disagiate della Penisola, fu una misura usata con straordinaria larghezza. Il regio decreto 6 novembre 1926 n.1848 stabilì che fosse applicabile a chiunque fosse ritenuto pericoloso per l’ordine statale o per l’ordine pubblico. A un mese dall’entrata in vigore della legge le persone confinati erano già 600, a fine 1926, oltre 900, tutti in isolette del Mediterraneo o in sperduti villaggi dell’Italia meridionale. A finire al confino furono importanti nomi della futura classe dirigente: da Pavese a Gramsci, da Parri a Di Vittorio, a Spinelli. Gli inviati al confino furono, complessivamente, oltre 15.000. Ben 177 antifascisti morirono durante il soggiorno coatto.
Deportazione
La politica antiebraica del regime fascista culminò nelle leggi razziali del 1938. Alla persecuzione dei diritti subentrò, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, anche la persecuzione delle vite. La prima retata attuata risale al 16 ottobre 1943 a Roma; degli oltre 1250 ebrei arrestati in quell’occasione, più di 1000 finirono ad Auschwitz, e di essi solo 17 erano ancora vivi al termine del conflitto.
Il Manifesto programmatico di Verona (14 novembre 1943) sancì che gli ebrei erano stranieri e appartenevano a “nazionalità nemica”. Di lì a poco un ordine di arresto ne stabilì il sequestro dei beni e l’internamento, in attesa della deportazione in Germania.
Nelle spire della “soluzione finale” hitleriana il regime fascista gettò, nel complesso, circa 10.000 ebrei. Oltre alla deportazione razziale, fra le responsabilità del regime di Mussolini c’è anche la deportazione degli oppositori politici e di centinaia di migliaia di soldati che, dopo l’8 settembre, preferirono rischiare la vita nei campi di concentramento in Germania piuttosto che aderire alla Rsi.
La guerra
Fuori dai confini i morti contano meno? Allora non si possono proprio considerare tali gli etiopi uccisi con il gas durante la guerra per l’Impero, o i libici torturati e impiccati durante le repressioni degli anni Venti e Trenta, o gli jugoslavi uccisi nei campi di concentramento italiani in Croazia. Ma la spada di Mussolini provocò tanti morti anche tra i suoi connazionali. Mussolini trascinò in guerra l’Italia il 10 giugno del 1940, per partecipare al banchetto nazista. I risultati, per l’Italia, furono questi. Fino al 1943, 194.000 militari e 3.208 civili caduti sui fronti di guerra, oltre a 3.066 militari e 25.000 civili morti sotto i bombardamenti alleati.
Dopo l’armistizio, 17.488 militari e 37.288 civili caduti in attività partigiana in Italia, 9.249 militari morti in attività partigiana all’estero, 1.478 militari e 23.446 civili morti fra deportati in Germania, 41.432 militari morti fra le truppe internate in Germania, 5.927 militari caduti al fianco degli Alleati, 38.939 civili morti sotto i bombardamenti, 13.000 militari e 2.500 civili morti nelle file della Rsi. A questi vanno aggiunti circa 320.000 militari feriti sui vari fronti per l’intero periodo bellico 1940/1945 e circa 621.000 militari fatti prigionieri dalle forze anglo-americane sui vari fronti durante il periodo 1940/1943.
I Miti e la realtà
Mito: I fascisti non hanno mai rubato
Realtà: Si è sempre detto che il Fascismo è stata una dittatura che ha strappato la libertà agli italiani ma che almeno i fascisti non hanno mai rubano, non sono stati corrotti. Invece non è così. Mussolini non fa in tempo a prendere il potere che la corruzione già dilaga. Un sistema corrotto scoperto già da Giacomo Matteotti: denuncia traffici di tangenti per l’apertura di nuovi casinò, speculazioni edilizie, di ferrovie, di armi. Affari in cui è coinvolto il futuro Duce attraverso suo fratello Arnaldo.
E poi c’è l’affare Sinclair Oil: l’azienda americana pur di ottenere il contratto di ricerche petrolifere in esclusiva sul suolo italiano paga tangenti a membri del governo, e ancora ad Arnaldo, per oltre 30 milioni di lire. Matteotti lo scopre ma il 10 giugno 1924 viene rapito da una squadraccia fascista e ucciso. Messo a tacere il deputato socialista, di questa corruzione dilagante gli italiani non devono, non possono assolutamente più sapere. Speculazioni, truffe, arricchimenti improvvisi, carriere strepitose e inspiegabili: gerarchi, generali, la figlia Edda e il genero Galeazzo Ciano e Mussolini stesso! Nessuno rimane immune
I documenti scoperti e mostrati da storici di assoluto valore come Mauro Canali, Mimmo Franzinelli, Lorenzo Benadusi, Francesco Perfetti, Lorenzo Santoro presso l’Archivio Centrale dello Stato sono prove che inchiodano il fascismo alla verità.
Mito: Devi ringraziare il Duce se esiste la pensione.
Realtà: In Italia la previdenza sociale nasce nel 1898 con la fondazione della “Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai”, un’assicurazione volontaria integrata da un contributo di incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch’esso libero degli imprenditori. Mussolini aveva in quella data l’età 15 anni. L’iscrizione a tale istituto diventa obbligatoria solo nel 1919, durante il Governo Orlando, anno in cui l’istituto cambia nome in “Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali”. Mussolini fondava in quella data i Fasci Italiani e non era al governo.
Tutta la storia della nostra previdenza sociale è peraltro verificabile sul sito dell’Inps. La pensione sociale viene introdotta solo nel 1969. Mussolini in quella data è morto da 24 anni.
Mito: La cassa integrazione guadagni è stata pensata e creata dal Duce per aiutare i lavoratori di aziende senza lavoro.
Realtà: La cassa integrazione guadagni (CIG) è un ammortizzatore sociale per sostenere i lavoratori delle aziende in difficoltà economica. Nasce nell’immediato dopoguerra per sostenere i lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra furono colpite dalla crisi e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività. Quindi la cassa integrazione nasce per rimediare ai danni causati dal fascismo e della guerra che hanno causato milioni di disoccupati.
Nel 1939, tramite circolari interne, veniva prevista la possibilità, prevista senza un reale quadro normativo per poterla applicare, visto che allora era totalmente inutile.
L’Italia, già coinvolta nelle guerre nelle colonie (Libia, Abissinia) si stava preparando all’entrata in guerra al fianco della Germania e l’industria (soprattutto quella bellica) era in gran fermento, motivo per cui non solo si lavorava a turni pesantissimi ma si assistette addirittura al primo esodo indotto di lavoratori dall’agricoltura all’industria.
La Cassa Integrazione Guadagni, nella sua struttura è stata costituita solo il 12 agosto 1947 con DLPSC numero 869, misura finalizzata al sostegno dei lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra erano state colpite e non erano in grado di riprendere normalmente l’attività.
Mito: Ai tempi del Duce eravamo tutti più ricchi.
Realtà: Mussolini permise agli industriali e agli agrari di aumentare in modo consistente i loro profitti, a scapito degli operai. Infatti fece approvare il loro contenimento dei salari.
Nel 1938, dopo 15 anni di suo operato, la situazione economica dell’italiano medio era pessima, il suo reddito era circa un terzo di quello di un omologo francese.
Mito: grazie al Duce la disoccupazione non esisteva
Realtà: non vi era un reale stato di benessere dell’economia ma  in realtà l’Italia stava preparando l’entrata in guerra e tutte le industrie (e l’artigianato) che direttamente o indirettamente fornivano l’esercito lavoravano a pieno regime. Senza contare le masse arruolate nell’esercito per poi essere usate come carne da macello per i sogni di gloria del duce.
Per contro, l’accesso al lavoro era precluso a tutti coloro che non sottoscrivevano la tessera del Partito Nazionale Fascista, sanzione che era estesa anche ai datori di lavoro che eventualmente li impiegassero. Motivo per cui durante il fascismo assistemmo ai flussi migratori di tutti coloro che per motivi politici non intesero allinearsi al regime ma avevano una famiglia da mantenere.
Il 27 maggio 1933 l’iscrizione al partito fascista è dichiarata requisito fondamentale per il concorso a pubblici uffici; il 9 marzo 1937 diventa obbligatoria se si vuole accedere a un qualunque incarico pubblico e dal 3 giugno 1938 non si può lavorare se non si ha la tanto conclamata tessera.
Mito: Il Duce ha fatto costruire grandi strade in Italia.
Realtà: Il programma infrastrutturale che prevedeva la costruzione delle strade completate durante il ventennio cominciò già durante il quinto governo di Giovanni Giolitti, avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture. Infatti, la necessità di realizzare infrastrutture in Italia fu un’idea di Giovanni Giolitti durante il suo quinto governo (15 giugno 1920/ 7 aprile 1921), avendo constatato l’impossibilità di uno sviluppo industriale in mancanza di solide strutture, sviluppo industriale dimostratosi necessario dal confronto con le altre grandi potenze che avevano partecipato al primo conflitto mondiale.
Tale “rivoluzione” non potè essere attuata da Giovanni Giolitti, prima, e dal governo Bonomi che ne seguì solo per i sette mesi che resse a causa del boicottaggio e dell’ostruzionismo politico da parte del nascente fascismo, prima generico movimento popolare (1919) e poi soggetto in forma di partito dal 1921, con la costituzione del Partito Nazionale Fascista.
Mito: “quando c’era lui i treni arrivavano in orario”
Realtà: non è vero. Come spiega  l’Indipendent, si tratterebbe infatti di un mito derivante dalla propaganda durante il Ventennio.
La puntualità dei treni era infatti per la propaganda fascista il simbolo del ritorno all’ordine nel paese ma, in realtà, è solo grazie alla censura sistematica delle notizie riguardanti incidenti e disservizi ferroviari che questa immagine si è potuta formare.
Mito: Il governo di Mussolini raggiunse il pareggio di bilancio il primo aprile 1924 (e quindi è migliore dei governi attuali)
Realtà: Partiamo malissimo perché il pareggio è successo nel 1925 ed in altra data. Il mito calca la mano sul concetto fondamentale che il governo fascista fu in grado di pareggiare il bilancio dello stato mentre i governi attuali siano degli inetti. Che ci sia riuscito non c’è dubbio, ma era già successo prima che Mussolini salisse al governo (fu Minghetti a realizzarlo) nel 1876. Quindi dovremmo replicare anche le politiche economiche di 2 secoli fa?
All’inizio del ventennio l’Italia arrivava da un periodo di indebitamento causato dalla Guerra Mondiale e furono adottati dei provvedimenti corretti come le liberalizzazioni, riduzione delle spese e l’espansione industriale aiutò moltissimo, ma è possibile secondo voi paragonare l’economia di inizio ‘900 con quella attuale?
Come ogni disinformazione che si rispetti è più importante quello che si sta dimenticando di dire, e cioè che negli anni successivi però andò tutto in vacca: la crisi mondiale in parte e il disinteresse dell’economia del Duce, molto più interessato a fare la guerra, portarono il bilancio in negativo vanificando tutti gli sforzi fatti. La politica di autarchia messa in atto limitò moltissimo le importazioni e le esportazioni, politica totalmente inapplicabile oggi. Oltre ad aver causato la distruzione della nazione nella Seconda Guerra Mondiale.
Ha poi senso paragonare le scelte fatte quasi 100 anni fa a quelle attuali? Non è corretto né economicamente né storicamente. Un modello che è crollato su se stesso non è il miglior modello.
Mito: Mussolini rinunciò al suo stipendio per risanare l’economia e finanziare la guerra
Realtà: che Mussolini abbia o meno rinunciato al suo stipendio è irrilevante essendo stato un dittatore: dubito che le sue spese personali fossero state proporzionate al suo stipendio e il “dover finanziare una guerra” fu proprio quello che portò a sciupare quello che aveva fatto (per Mussolini era inconcepibile che non si facessero guerre, erano nella natura dell’uomo).
Mito: Mussolini non aumentò le tasse
Realtà: a parte i primi anni non è vero che le tasse non furono aumentate, un po’ alla volta nuove tasse colpirono gli italiani e la lira che aveva rafforzato nei primi anni venne svalutata più volte per poter tirare avanti. In parole povere davanti alle difficoltà il governo prese di volta in volta decisioni diverse e logicamente variavano anche di molto in base al momento storico. Non si può dire “Mussolini non aumentò le tasse”.
Mito: Mussolini impose ai membri del governo l’uso delle biciclette facendo risparmiare miliardi al popoli italiano
Realtà: Non esiste nessuna conferma sulla fiaba delle biciclette. Anzi ad un certo punto per spingere l’industria dell’automobile si mise una tassa sulla bici e, almeno in alcune grandi città, si cominciò a limitarne l’uso. Sull’effettivo risparmio di questa manovra come prima pesa il non detto: a chi rimosse l’auto? Quante erano le auto? Furono risparmiati miliardi di lire? Se parliamo di miliardi di lire (ne considero almeno due per essere plurale) del 1925 parliamo di circa 1.5 Miliardi di euro oggi. Al 2012 la spesa per autoblu e autogrigie in italia è stato di circa 1 Miliardo di euro, quindi dobbiamo dedurre che negli anni ’20 in Italia c’erano più auto pubbliche che adesso? Vi sembra possibile? E cercando tra i documenti del parlamento di quegli anni ho trovato stanziamenti per le automobili al servizio del governo…
Mito: Il Duce è stato l’unico uomo di governo che abbia veramente amato questa nazione.
Realtà: «Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative.» enunciò il Duce il 26 maggio 1940 (ndr. L’Italia nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1946, p. 37): e così fu, visto che nella disastrosa “campagna di Russia”, solo per compiacere Adolf Hitler con una presenza italiana del tutto male equipaggiata e fornita nelle sue operazioni di guerra di guerra, persero la vita ufficialmente 114’520 militari sui 230’000 inviati al fronte, a cui aggiungere i dispersi, ovvero le persone che non risultavano morte in combattimento ma nemmeno rientrate in patria, che fonti UNIRR stimano in circa 60’000 gli italiani morti durante la prigionia in Russia.
Già…proprio amore.
Mussolini amava talmente l’Italia che:
- ha instaurato una dittatura
- ha abbassato i salari
- ha portato il paese al collasso economico
- ha tolto la libertà ai cittadini italiani
Il Duce amava talmente l’Italia da aver introdotto leggi razziali antisemite nel 1938 solo per compiacere l’alleato nazista, inutili perché in Italia gli ebrei, a differenza che in Germania, non avevano un’importanza rilevante in un sistema economico di cui la dittatura volesse provvedere all’esproprio.
Voleva così bene al suo popolo da farlo sprofondare in una guerra civile quando fu esautorato dal potere creando la Repubblica Sociale Italiana. Un paese già allo sbando a causa dell’armistizio dell’8 settembre e provato dalla guerra (condotta da lui con esiti a dir poco disastrosi) venne dilaniato ancora di più tra cosiddetta” Repubblica di Salò” e Italia liberata.
E i fascisti, soprattutto durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana (o di Salò) collaborarono attivamente ai massacri di rappresaglia a seguito delle operazioni partigiane e alla deportazione nei lager di cittadini italiani.
E l’Italia, unico nei paesi “satellite” della Germania nazista, il fascismo fu istitutore e gestore di “lager” in Italia con l’impiego prevalente di proprio personale: la bibliografia ufficiale stima in 259 i campi di prigionia in Italia e gestiti con presenza prevalente di personale italiano, alcuni normali campi di detenzione, altri campi di smistamento in attesa della deportazione in Germania come quello di Bolzano e Fossoli, in provincia di Modena; ma alcuni erano autentici campi di sterminio come la Risiera di San Sabba a Trieste, dove il tenore dei massacri era inferiore solo ai campi in Germania e Polonia, molto più grandi e appositamente attrezzati.
E ci sarebbe tanto altro da aggiungere, ampiamente documentato: corruzione dilagante, dossier, lettere, minacce, accuse vere e false oscenità, inganni, arresti, ed anche ricatti. Un ventennio di ricatti! Gerarca contro Gerarca, amante contro amante, e l’accusa di omosessualità come arma politica. E Mussolini su tutto e su tutti fa spiare, controlla, punisce, muove le sue pedine.
La prossima volta che vi imbattete in una immagine che inneggia alla saggezza del Duce e di come potrebbe essere la salvezza dell’Italia fatevi una ricerca sulla storia del fascismo.
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Ricordiamo a quanti ci leggono che, i Fascisti non sono  “gli imbalsamatori  del passato ma gli anticipatori dell’avvenire”.

Liberapresenza, a proposito del imbattesi in …. ,  pubblica nell’immediato quanto postato, da Filippo Giannini, dal titolo “Ma quanti danni fece il male assoluto?”  che a sua volta si è avvalso di uno scritto di Alessandro Mezzano.

Scrive Giannini,
Alcuni lettori ricorderanno la mia risposta ad un malato di antifascismo pubblicata in uno dei numeri precedenti de Il Popolo d’Italia, nella quale avevo preannunciato un elenco parzialissimo del male che fece Benito Mussolini al popolo italiano.

Ripeto ancora una volta che di economia ne capisco poco, ma quel poco mi induce a ritenere che la soluzione dei mali che attualmente ci rendono la vita impossibile, ebbene – e lo ripeto – la soluzione, o almeno una soluzione parziale si trova nel periodo del male assoluto (che sempre sia benedetto). Nonché un’altra soluzione, anch’essa almeno parziale, della disoccupazione si trova anch’essa sempre nel mai sufficientemente deprecato Ventennio (che sempre e ancora sia benedetto), con l’anarchia, cioè bastare a se stessi, promuovendo, esaltando e incoraggiando il lavoro italiano.

Sia chiaro un principio: quel che faccio e quel che scrivo sull’ argomento non è per nostalgia (pur avendo vissuto “uno spicchio” di un periodo esaltante e irripetibile), ma per contribuire alla giusta rivalutazione di un grande uomo quale fu Benito Mussolini.

I lettori più attenti ricorderanno che in un mio precedente articolo mi impegnai a fornire una spiegazione sul motivo che spinse l’intellettuale Cesare Muratti a scrivere, nel 1983, questa osservazione: “Diciamo finalmente la verità VERA (maiuscolo nel testo, nda): in un certo momento il 98% degli italiani era per Mussolini”. Con l’aiuto di Alessandro Mezzano e del suo meraviglioso saggio proverò a presentare la risposta.

Quel che segue è un elenco “frammentario ed incompleto, ma significativo, di alcune leggi, riforme ed opere che furono realizzate dal Fascismo e che cambiarono il volto della società italiana, ottenendo al regime e a Benito Mussolini quel consenso popolare, quasi totale, che oggi la cultura e la storiografia ufficiale si affannano a disconoscere” (purtroppo riuscendoci).

Quelli riportati più avanti sono provvedimenti concepiti e attuati dal Regime fascista. Prima del suo avvento di questi provvedimenti o erano appena abbozzati o, comunque mai trasformati in leggi, oppure addirittura inesistenti non solo in Italia, ma anche in Europa e negli altri continenti. In altre parole, per essere più chiaro, l’Italia fascista in campo sociale, e non solo sociale, fu all’avanguardia nel mondo, pronta a fornire, una volta ancora, al mondo intero, un nuovo RINASCIMENTO, IL RINASCIMENTO DEL LAVORO.

Già il 24 maggio 1920, in un articolo dal titolo “L’epilogo”, Mussolini su “Il Popolo d’Italia”aveva scritto: “Vogliamo rendere il lavoratore partecipe della gestione dell’azienda, elevare la sua dignità, insegnargli a conoscere i congegni amministrativi dell’industria, evitare di questa le degenerazioni speculazionistiche”.

E, salito al potere, non perse tempo per attuare i suoi programmi. Scrive Mezzano, in merito alla “Tutela lavoro Donne e Fanciulli”, legge promulgata il 26.4.1923, Regio Decreto n° 653: “E’ una delle prime leggi sociali del Fascismo: nasce solo sei mesi dopo la Marcia su Roma del 22 Ottobre 1922, ed è chiaramente indicatrice di quella che sarà la politica sociale degli anni futuri del regime. Negli anni e nei secoli precedenti né la Chiesa, né la borghesia, né i socialisti ed i sindacati erano riusciti a migliorare ed a rendere umana la condizione delle donne e dei fanciulli, che erano costretti a lavorare nelle fabbriche, nelle miniere o come braccianti nelle campagne”.

“Assistenza ospedaliera per i poveri”, legge promulgata il 30.12.23, Regio Decreto n° 2841.

“Questa legge trasforma in diritto alle cure gratuite la discrezionalità caritatevole di associazioni benefiche, per lo più religiose, che fino ad allora aveva condizionato la vita o la morte delle persone che non disponevano di mezzi propri per accedere alle cure ospedalier”

Che il lettore provi ad ammalarsi nella “culla della più grande democrazia: negli Usa” e compari l’attuale stato sociale vigente in quel Paese con quello di“quell’Italia” di quasi un secolo fa.

“Assicurazione Invalidità e Vecchiaia”. Legge promulgata il 30.12.1923, Regio Decreto n° 3184. “La legge decreta il diritto alla pensione d’invalidità e vecchiaia tramite un’assicurazione obbligatorie, al cui pagamento concorrono sia i lavoratori che i datori di lavoro. Il lavoro, componente fondamentale del nuovo Stato fascista, è un dovere (altro che “diritto”, come si ciancia oggi, nda) per ogni cittadino, ma che lo riscatta da quella posizione di servitù in cui lo Stato liberale aveva messo il lavoratore, per trarlo in una posizione di libertà e di dignità che lo investe in quanto uomo, e non solo in quanto lavoratore, e per questo gli assicura la certezza del sostentamento alla fine di una carriera di lavoro”.

“Riforma della Scuola (Gentile)”. R.D.L. n° 1054 del 6.5.1923. “La volontà di modernizzazione, che fin dalle origini pervade il movimento fascista, spinge il nuovo governo a progettare la creazione di una numerosa e preparata classe dirigente, in grado di sostenere un vasto disegno di sviluppo nazionale: obiettivo, questo, non realizzabile senza una scuola moderna, razionale, dinamica, produttiva ed accessibile a tutti”.

La scuola non doveva fare distinzioni tra le classi sociali, ma garantire il diritto di studio a tutti, anche ai figli appartenenti alle classi meno abbienti. Questa riforma poneva le basi per una scuola più moderna. A quest’opera di risanamento culturale e morale ha fatto seguito, dalla fine della guerra, un rilassamento disgregativo fino a giungere - e i lettori lo ricorderanno - al demagogico assioma del “sei politico”, senza che i governi del tempo fossero in condizione di arrestare la conseguente “avanzata dei somari”.

La riforma di Gentile poneva in evidenza la preoccupazione del legislatore a ravvivare una tradizione pedagogica nazionale con i maestri e i professori perno della vita della scuola: “La riforma vivrà, se i maestri la sapranno far vivere”.

E con questo spirito veniva valorizzata, di fronte allo studente, la personalità dei maestri e dei professori, ad ogni livello, dalle elementari all’università. Oggi il maestro e il professore sono privi di ogni autorità e lo studente si sente autorizzato anche a deriderli e a declassificarli. Questo nel nome di una presunta uguaglianza di intenti. Sicché se durante il fascismo la scuola italiana era considerata la migliore del mondo, oggi…

“Acquedotto Pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nisseno e del Velletrano”.

Valga per tutti quanto detto per l’Acquedotto Pugliese, ricordando che questo è il più grande acquedotto del mondo: “I primi progetti risalgono al 1904, quando l’Ente Autonomo Acquedotti Pugliesi ne affidò l’esecuzione alla società ligure del senatore Mambrini (sic) (…). I lavori avrebbero dovuto essere terminati nel 1920, ma nel 1919 solo 56 Comuni su 260 avevano avuto l’acqua, mentre le opere intraprese erano spesso abbandonate, incomplete e deperivano (…). Nel 1923, sotto il governo Mussolini, l’Ente fu commissariato e passò alla gestione straordinaria; improvvisamente i lavori vennero accelerati, furono superate tutte le difficoltà che sino ad allora li avevano bloccati e furono portati a termine nel 1939”.

Nessuna meraviglia per gli uomini di “quel regime”: il denaro pubblico era sacro. Oggi, invece, che si favoriscono gli appalti degli appalti, le modifiche delle modifiche di un progetto, le tangenti, le tante, troppe “cattedrali nel deserto”. Vale quanto ripetutamente scritto: qualsiasi confronto fra questo regime e quello precedente risulterebbe insostenibile; questo è il vero motivo per il quale si è coniato il termine “Fascismo: male assoluto” e sono nati i tanti dottor Pasquariello.

“Riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore giornaliere”, R.D.L. n° 1955 del 10.9.1923 “Prima del Fascismo quasi tutto era lasciato all’arbitrio del datore di lavoro, che spesso, con il ricatto psicologico della disoccupazione, costringeva i lavoratori a orari massacranti e in ambienti di lavoro malsani e insicuri”.

E’ facilmente comprensibile come questa serie di leggi sociali, se da un lato proteggevano i lavoratori dallo sfruttamento, dall’altra danneggiavano gli industriali, il grande capitale, gli speculatori: e questi divennero gli oppositori del regime. Tuttavia il cammino intrapreso dal Fascismo non si fermerà sino a quando le potenze plutocratiche mondiali non si coalizzeranno per abbattere un regime che stava diventando, per esse, pericoloso.

1929, 28 aprile: nasce l'Opera Nazionale Balilla, sorgono ovunque i campi DUX, l'Italia è fascista. “Opera Balilla e Colonie marine per ragazzi”. “Con questo provvedimento”, scrive Mezzano, “il Fascismo attuò una rivoluzione significativa sottraendo alla Chiesa, anche al di fuori della scuola, l’educazione della gioventù che divenne di pertinenza dello Stato”.

La “Gioventù Italiana del Littorio” fu un’operazione colossale, mirante alla protezione dei ragazzi che vennero sottratti ai tanti pericoli che li minacciavano. L’attività ginnico-fisica, inculcò un’istruzione civile e sportiva. La Chiesa non perdonerà mai al Fascismo questo “strappo” che si trasformerà poi in avversione e sostegno al nemico in occasione della guerra ’40-’45.

“Opera Nazionale Dopolavoro”

Quasi in parallelo a ciò che per i giovani era la GIL, nasce per i lavoratori l’OND. Questo organismo ha il compito di portare cultura e svago tra la classe operaia, che nel passato era stata costretta ad una vita esclusivamente di lavoro, di sacrifici e d’ignoranza”.

Le strutture dell’Opera raggiunsero, in poco meno di un decennio, un livello unico al mondo. Alcune cifre significative: 1227 teatri, 771 cinema, 40 cine-mobili, 6427 biblioteche, 994 scuole di ballo e canto, uno stabilimento idrotermale, 11.159 sezioni sportive a livello dilettantistico con 1.400.000 iscritti, 2700 filodrammatiche con 32.000 iscritti, 3787 bande musicali e 2130 orchestre con 130 mila musicisti, 10 mila associazioni culturali. Con l’avvento delle “40 ore lavorative settimanali” i lavoratori e le loro famiglie possono viaggiare sui cosiddetti “treni popolari”, il costo del biglietto è ridotto del 70%. A guerra finita le strutture dell’OND confluiranno nella “Case del popolo” di matrice comunista e il PCI farà propri i principi ispiratori dell’OND facendoli passare (furbescamente) come proprie iniziative.

“ Reale Accademia d’Italia”, RDL n° 87 del 7.1.1926.

“Nel quadro del progetto di risollevazione della Nazione da quello spirito di rassegnata sudditanza e di provincialismo culturali che avevano contraddistinto secoli di storia prima e dopo l’unità, fu fondata l’”Accademia d’Italia” allo scopo di dare lustro e dignità all’ingegno e all’arte italiane”.

L’Accademia venne poi soppressa, con Decreto Luogotenenziale del 28.9.1944, solo perché era una creazione del Fascismo. “Dopo la sconfitta e con l’avvento della Repubblica resistenziale, rifiorirono il servilismo e il provincialismo: l’Italia borghese, clericale e anticomunista volle essere colonia culturale, politica ed economica degli USA, mentre la sinistra comunista avrebbe voluto un’Italia satellite dell’URSS”.

In merito all’Enciclopedia Treccani il giornalista Franco Monaco ha scritto: “In Inghilterra esisteva da duecento anni una Enciclopedia Britannica, ma in Italia nessuno aveva mai pensato che si potesse farne una italiana. Proprio Gentile la suggerì all’industriale Giovanni Treccani”.

Treccani si mise immediatamente al lavoro. Sotto la direzione di Gentile lavorarono oltre 500 redattori e collaboratori selezionati nei vari rami della cultura italiana. Per espresso ordine di Mussolini fu adottato lo stesso principio che vigeva per l’Accademia d’Italia: la selezione doveva avvenire in base alla validità professionale e culturale del candidato, accantonando ogni preclusione di indole ideologica. Così all’Enciclopedia collaborarono anche noti “oppositori” e perfino alcuni firmatari del “Manifesto” di Croce. Il lavoro si svolse con velocità, capacità e puntualità miracolose. Il frutto di tutto ciò fu che l’Enciclopedia Italiana sopravanzò, come mole e valore culturale, sia la “Britannica” che la “Francese”. Nel 1937 l’Enciclopedia Italiana presentò il risultato del proprio lavoro: l’Enciclopedia era costituita di ben 35 volumi; i collaboratori erano stati in tutto 3000, “ossia tremila cervelli che Giovanni Gentile aveva amalgamato e ridotto all’osservanza di quei concetti generali di obiettività, precisione, chiarezza e concisione che l’Enciclopedia si era imposti” (Franco Monaco).

“Bonifiche dell’Agro Pontino, dell’Emilia, della Bassa Padana, di Coltano, della Maremma Toscana, del Sele, della Sardegna ed eliminazione del latifondo siciliano”. RDL 3256 del 20.12.1923.

“Nel 1923, solo un anno dopo la Rivoluzione fascista, Benito Mussolini amplia i poteri dell’ONC (Opera Nazionale Combattenti) e le affida il compito tecnico amministrativo di realizzare la bonifica dell’Agro Pontino, che non sarà un mero risanamento idraulico dei terreni, ma una vera e propria ricostruzione ambientale, secondo il piano di Arrigo Serpieri, Sottosegretario alla bonifica (…). Oltre alle dimensioni dell’opera di bonifica, che non ha avuto eguali in Italia in tutta la sua storia, è da sottolineare il rivoluzionario concetto che la ispira e che va sotto il nome di “Bonifica integrale”, sottolineato e riportato nell’intestazione delle leggi che vi si riferiscono”.

Il progetto prevedeva una serie di interventi che andavano dalla sistemazione e dal rimboschimento dei bacini ai lavori di sistemazione degli alvei dei corsi d’acqua, alla trasformazione colturale e alle utilizzazioni industriali, sempre secondo una coordinata e armonica pianificazione del territorio.

Dal suolo bonificato sorgono irrigazioni, si costruiscono strade, acquedotti, reti elettriche, opere edilizie, borghi rurali e ogni genere di infrastrutture. Dalle Paludi Pontine sorsero “in tempi fascisti” vere e proprie città: Littoria, inaugurata l’8 dicembre 1932; Sabaudia (indicata da tecnici stranieri come uno dei più raffinati esempi di urbanistica razionale), il 15 aprile 1934; Pontinia, il 18 dicembre 1935; Aprilia, il 29 ottobre 1938; Pomezia, il 29 ottobre 1939. Nell’Agro Pontino furono costruite ben 3040 case coloniche, 499 chilometri di strade, 205 chilometri di canali, 15.000 chilometri di scoline.

La “Bonifica integrale” continuò nell’alto Lazio, in Campania, in Sardegna, in Sicilia e così via in tutta Italia, ma non solo in Italia: non si possono dimenticare le grandi opere realizzate in Somalia, in Eritrea, in Libia, in Etiopia. Tutto questo, come si è detto, “in tempi fascisti” e senza alcuna ombra di “democratiche tangenti o mazzette”. La risposta a queste opere colossali proveniente dagli uomini dei “diritti e della libertà” è stata (e non sto scherzando) che le bonifiche integrali furono “un danno ecologico“. Oppure, come ha scritto Piero Palumbo (“L’Economia italiana fra le due guerre”, pag. 84: “Duole (!) ricordarlo: i primi ecologisti indossavano l’orbace”. Un’osservazione che è un pugno nello stomaco al “Verde” Onorevole Pecoraro Scanio.

“Opera Nazionale Maternità e Infanzia”, RD n° 718 del 15.4.1926.

“Nella nuova società la cura e l’importanza delle donne e dei fanciulli, implicita nella dottrina fascista, assume l’importanza di istituzione mediante la fondazione dell’”Opera Nazionale Maternità e Infanzia”. L’ONMI vuole dare e darà un concreto supporto a quella fondamentale cellula umana e sociale che è la famiglia, intesa non quale generatrice di forza di lavoro e di consumo, come è nella concezione materialistica del capitalismo e del marxismo, ma quale culla e nucleo vitale delle tradizioni, della storia e del futuro della Nazione e dello Stato. Centro vitale della famiglia è, per il Regime fascista, la madre (…)”.

Con questa legge lo Stato si fece carico dell’assistenza e dell’aiuto alle madri, volgendo particolare attenzione alle cure per le madri-lavoratrici. Questa legge, anticipatrice dei tempi è, quindi, una delle innovazioni più prestigiose del regime fascista. Furono istituite in ogni provincia le “Case della madre e del bambino”, gli asili nido, i dispensari del latte: tutte organizzazioni che giunsero ad accogliere circa 2 milioni di assistiti.

Tutto questo era integrato da una assistenza medica e da una propaganda igienica. L’”Ente Opera Assistenza” curava la gestione delle Colonie estive e invernali, istituite per assistere soprattutto i bambini di famiglie meno abbienti. Gestiva, inoltre, speciali scuole e Colonie per la terapia dei colpiti dalla tbc”, i convalescenziari e centri per la cura dell’anemia mediterranea. Oggi tutti possono vedere in che stato si trovano gli ospedali per la cura della talassemia e quelli pediatrici che furono costruiti sul litorale da Rimini a Riccione “Assistenza agli illegittimi, abbandonati o esposti”, legge dell’8.5.1927, RDL n° 798.

Mezzano: “Con questa legge lo Stato si assume la responsabilità di provvedere a quei bambini non desiderati che erano prima senza tutela ed alla mercé della carità privata e quindi considerati persone di seconda categoria”.

Oggi, in “regime democratico”, molti fanciulli vengono abbandonati ai pedofili e alla droga. Le donne reclamano la libertà sessuale e il “diritto all’aborto”, sanzionato e garantito addirittura dallo Stato. E quando lo Stato non interviene il povero lattante è abbandonato come immondizia, in un cassonetto. D’altra parte, come disse Luciano Violante, “Questo è lo Stato dei diritti e della libertà”.

“La Carta del Lavoro”, Pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale” n° 100 del 30.4.1927.

“Puntualizza il rapporto fondamentale tra Fascismo e mondo del lavoro. Dichiara, istituzionandoli, i principi basilari a tutela dei lavoratori, nonché la preminenza, nello Stato Fascista, dell’interesse prioritario che lega gli obiettivi dello Stato a quelli del lavoro e dei lavoratori”.

La “Carta del Lavoro” intendeva portare a confronto, su uno stato di parità, secondo un progetto di collaborazione e solidarietà che superasse la rovinosa filosofia materialistica della lotta di classe, due tradizionali antagonisti sociali: il capitalismo e il lavoro. Sarebbe troppo lungo elencare tutti i vantaggi per i lavoratori previsti in questa legge rivoluzionaria. Ne elenco solo alcuni: obbligatorietà della stipula di Contratti collettivi di categoria; istituzione della Magistratura del Lavoro; diritto alle ferie annuali; istituzione della indennità di fine rapporto; istituzione degli uffici di collocamento statali; assicurazione sugli infortuni sul lavoro; assicurazione per la maternità; assicurazione contro le malattie professionali; assicurazione contro la disoccupazione; Casse mutue per le malattie eccetera.

L’antifascista Gaetano Salvemini scrisse: “L’Italia è diventata la Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i quali vi si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come funziona lo Stato corporativo fascista (…)”. Oggi, invece, quotati giornali stranieri si affollano per denunciare la mafia politica e la pletora di deputati e senatori che siedono in Parlamento, pur essendo stati condannati dalla giustizia per reati vari. Non c’è che dire, anche oggi, siamo “studiati”.

“Esenzioni tributarie per le famiglie numerose” RDL n° 1312 del 14.1.1928 e “Assegni familiari” RDL n° 1048 del 17.6.1937.

Mezzano scrive: “In coerenza con la dichiarata importanza che il Fascismo attribuiva alla famiglia come cellula fondamentale della società, era importantissimo sgravare dalle spese fiscali quelle famiglie che già avevano impegni finanziari onerosi a causa dell’elevato numero dei componenti”.

Grazie a queste leggi lo Stato riconosceva agli operai che si sposavano entro il venticinquesimo anno un assegno nuziale di 700 lire. Inoltre, se i coniugi guadagnavano meno di 1.000 lire lorde al mese, veniva loro concesso un prestito senza interessi compreso tra le 1.000 e le 3.000 lire. Alla nascita del primo figlio, il prestito si riduceva automaticamente del 10%; così, gradualmente, sino alla nascita del quarto figlio, il prestito veniva condonato. Il capofamiglia con prole numerosa (sette figli) godeva di privilegi particolari: Mussolini inviava, o consegnava personalmente, 5.000 lire, oltre una polizza di assicurazione. Una tessera gratuita valida per tutti i mezzi pubblici cittadini giungeva al capofamiglia tramite la locale sezione della Federazione fascista. Altri privilegi per queste famiglie numerose erano: la possibilità di contrarre prestiti a tasso bassissimo, sconti nell’affitto degli appartamenti, assegni familiari ragguardevoli. E ancora: per gli operai con un figlio, lire 3,60 la settimana; lire 4,80 per quelli con due o tre figli; 6 lire per quelli con quattro figli e oltre.

“Legge sull’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali e legge istitutiva dell’INAIL”, RD. n° 928 del 13.5.1929 e RD. n°264 del 23.3.1933, “Legge istitutiva dell’INPS (Istituto Nazionale Previdenza Sociale)”, RDL n° 1827 del 4.10 1935.

“Nel quadro della ristrutturazione del mondo del lavoro e nei rapporti tra i lavoratori e lo Stato, queste due leggi risolvono l’annoso problema delle conseguenze negative che situazioni accidentali potevano procurare a chi lavorava in particolari settori”.

Il Regime fascista nel suo “programma politico e sociale per l’ammodernamento e l’industrializzazione del Paese”, come osservato anche da James Gregor, non poteva eludere una globale politica previdenziale. La competenza dell’INFPS andava dall’invalidità e vecchiaia alla disoccupazione, dalla maternità alle malattie. Altre assicurazioni coprivano, praticamente, la totalità dei prestatori d’opera, garantendo così all’Italia un altro primato mondiale. Sulla scia dell’INFPS sorsero, sempre negli anni ’30, l’INFAM, l’EMPAS, l’INFADEL, l’ENFPDEP, tutti enti che permetteranno poi, anche se fra scandali, ruberie e arroccamenti di potere politico, all’Italia post-fascista di tutelare i lavoratori.

“Istituzione del Libretto di Lavoro”.

“Proseguendo nel perfezionamento delle norme a tutela dei lavoratori, per contrastare fenomeni come il lavoro nero, lo sfruttamento illecito di categorie deboli come donne e fanciulli, gli abusi sull’orario di lavoro e l’evasione dei contributi lavorativi e previdenziali e per far sì che, in generale, fossero rispettate tutte le leggi emanate a difesa del mondo del lavoro, viene istituito il Libretto di Lavoro”.

Per avere solo una idea del maltrattamento subito dalla verità dopo la caduta del Fascismo, ecco come lo “storico” Max Gallo riporta la notizia in “Vita di Mussolini”, pag. 118: . Come si vede il dottor Pasquariello non è solo. “Riduzione dell’orario di lavoro a quaranta ore settimanali” RD. n°1768 del 29.5.1937.

Mezzano: “Non appena le condizioni generali dell’economia e dell’industria italiane lo permettono, il Fascismo continua la marcia intrapresa sin dal 1923 in direzione della riforma globale del mondo del lavoro, investendo parte del vantaggio economico nella ulteriore diminuzione dell’orario di lavoro e sottolineando il principio che il lavoro e il profitto debbono essere strumenti e non fini della società”.

Questa legge (poi meglio conosciuta come “sabato fascista) era già prevista nel programma fascista del 1919 e si inserisce con naturalezza nell’obiettivo di forgiare lo “Stato del Lavoro” nel quale la figura del lavoratore si trasforma sempre più da salariato in protagonista e compartecipe dell’impresa.
“Legge istitutiva dell’ECA (Ente Comunale di Assistenza). RDL n° 847 del 19.6.1937.

Sempre Mezzano: “Viene istituito, in ogni comune del Regno, l’”Ente Comunale di Assistenza”, allo scopo di assistere individui e famiglie in stato di necessità e di controllare e coordinare tutte le altre associazioni esistenti che abbiano analogo fine”.

E’ superfluo commentare questa legge, tanto è palese la sua finalità. I più bisognosi non vengono più assistiti da opere misericordiose, ma tramite una legge specifica dello Stato.

Mi fermo qui perché, come ho scritto all’inizio, potevo presentare, per ovvi motivi di spazio, solo un elenco “frammentario ed incompleto” di alcune leggi sociali concepite dal Regime fascista. Tante altre tutte di spiccato valore sociale, uniche o prime nel mondo, arricchiranno la Storia del Fascismo. Una fra queste, “la più rivoluzionaria, la più geniale, la più popolare delle riforme del Fascismo, fortemente voluta da Benito Mussolini fu realizzata nella Repubblica Sociale Italiana”.

Mezzano si riferisce alla “Socializzazione delle Aziende”: una riforma che avrebbe portato alla completa “Socializzazione dello Stato”una riforma che fu vanificata solo perché la plutocrazia mondiale volle mettere fine al Regime Fascista che, come disse Mussolini, “aveva spaventato il mondo”. Intendeva, ovviamente, “il mondo dell’usura e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”.

Mussolini e i suoi seguaci realizzarono uno Stato sociale, nonostante le difficoltà create lungo il loro cammino, decisamente all’avanguardia coi tempi, e questo senza aver avuto la possibilità di alcun esempio precedente. La validità di “quel sistema” è convalidata dal fatto che “quelle innovazioni”, come ha scritto Vittorio Feltri: “durano fino ad oggi, e sarebbero durate ancor più se l’inefficienza, l’incapacità e la disonestà dei Governi dei giorni nostri non le avessero distrutte”.

Come concludere? Nella rovina di cui siamo investiti, solo un miracolo ci può salvare, e allora innalziamo una preghiera al Signore invocando per la tomba di Predappio lo stesso prodigio che ridette vita a Lazzaro.
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