Sergio Ramelli 29 aprile 1975/2009

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Messaggio  Admin Dom 26 Apr 2009, 22:07

Sergio Ramelli 29 aprile 1975/2009 Ramell12

Foto disponibile
Cognome e Nome Sergio RAMELLI
Luogo e data dell’attentato Milano 13 marzo 1975
Luogo e data della morte Milano 29 aprile 1975
Descrizione dell’attentato
Sergio Ramelli, non solo un camerata, non solo un martire, non solo un eroe o un coraggioso.
Lui, diverso dalla massa dei suoi coetanei, originale nella sua scelta, ostinato a continuare e sperare nella vittoria di qualcosa di più grande di lui, di qualcosa di spirituale, trascendentale, ma anche di qualcosa di ripudiato, osteggiato, pericoloso. Forse per i suoi 18 anni, e soprattutto per quei 48 giorni di coma, è divenuto il simbolo di chi ha lottato, creduto, sperato, pianto, gioito e sofferto nel nome di una diversità, di un amore, di un pensiero che affonda le sue radici e le sue origini nei valori, nelle tradizioni, nell’onore della nostra antica civiltà Italiana ed Europea.

Sergio Ramelli, come molti camerati di tutta Italia, subisce, quotidianamente le angherie dell’antifascismo militante, lui, non si era mai reso colpevole di alcuna colpa: non aveva picchiato nessuno, non aveva fatto “sgarbi” ai suoi attentatori a ad altri ragazzi di idee politiche diverse dalle sue.

I suoi attentatori non lo conoscevano neppure; per colpirlo hanno avuto bisogno di accompagnarsi e vedere una foto consegnata loro da un (vigliacco) compagno di scuola di Sergio.

Sergio Ramelli (18 anni) viveva a Milano ed abitava in via Amedeo al n. 40, l’aggressione selvaggia avvenne il 13 marzo ’75 verso le ore 13, stava appoggiando il motorino poco oltre l’angolo con via Paladini nei pressi della Sua abitazione, era davanti al palazzo dove abitava con i genitori ed i fratelli, quando veniva aggredito da 10 vermi rossi di “Avanguardia Operaia” armati di spranghe, bastoni e chiavi inglesi, gli sbalzarono addosso colpendolo selvaggiamente, Sergio, dopo aver tentato disperatamente di difendersi proteggendosi il capo con le mani ed urlando, crollo al suolo sanguinante, a questo punto i comunisti trasformarono il pestaggio in un vero e proprio linciaggio. Infierendo su di esso fino a sfondargli la calotta cranica.
Poi fuggirono, lasciandolo a terra svenuto e sanguinante.

Quel massacrato bestialmente non aveva avuto praticamente testimoni

Sergio fu soccorso soltanto dopo qualche minuto da un commesso che avvertì immediatamente la portinaia dello stabile in cui la famiglia Ramelli abitava da 22 anni. La donna , Graziella Zacchia, visto il giovane a terra, corse immediatamente ad avvisare la polizia ed una ambulanza.
Quando giunse l’ambulanza, Sergio, era in una pozza di sangue e perdeva materia celebrale, fu trasportato d’urgenza al policlinico nel quale gli fu pronosticato un trauma cranico ferita lacero - contusa del cuoio capelluto con fuoruscita di sostanza cerebrale e stato comatoso

e sottoposto ad un intervento chirurgico durato cinque ore, nel corso del quale i medici riuscirono a ricostruire una parte della calotta cranica e della membrana cervicale. Dopo l’intervento chirurgico Sergio fu trasportato al reparto rianimazione con prognosi riservatissima.

Sergio diede segni di miglioramento, dovuti alla reazione della sua forte fibra e alla giovane età; i medici del “Beretta”, a un certo punto, manifestavano cauto ottimismo circa le possibilità di salvarlo, constatato che reagiva alle cure in maniera sorprendente. La prognosi, tuttavia, rimase sempre riservata sia “per la sopravivenza che per la funzione”.

Ciò significa che Sergio Ramelli, se anche fosse sopravvissuto, sarebbe probabilmente rimasto gravemente menomato, muto e semi paralizzato.

Nei giorni a seguire, pero, sono improvvisamente sopravvenute delle complicazioni polmonari che hanno rapidamente indebolito un fisico provato. Le energiche cure a cui è stato sottoposto non hanno potuto impedire il sopraggiungere di un collasso cardiocircolatorio, che ha spezzato l’esile filo che ancora legava Sergio alla vita.

Ramelli, dopo quarantotto giorni di straziante agonia, è spirato la mattina del 29 aprile 1975, poco prima delle dieci, i camerati di tutta Italia per tutti quei giorni, avevano sperarono fortemente che si salvasse.

Ramelli, era già stato picchiato in altre occasioni. In particolare, una ventina di giorni prima dell’aggressione mortale la stessa sorte era toccata a suo fratello Luigi scambiato per Sergio.
Lo stesso Sergio e suo padre erano stati ancora protagonisti di un’altra aggressione quando il giovane studiava la Molinari. Dopo una accesa discussione con il preside nell’atrio della scuola, erano stati circondati da un gruppo di studenti sovversivi. Era nato un tafferuglio, insulti, sputi e botte.

Sergio Ramelli, era Voce singola e controvento all’Istituto Tecnico ”Molinari”, nonostante non gli mancasse nulla, poteva starsene calmo tranquillo, fregarsene, preferì il rischio, la speranza nel domani, la salvezza della nostra civiltà e dei suoi valori.
Per le sue idee e per le continue minacce, un mese prima dell’agguato, dovette ritirarsi dal I.T. “Molinari”, ( era stato addirittura pubblicamente processato nel corso di un’assemblea), si iscrisse ad un istituto privato, dove frequentava il biennio quarta e quinta e si stava preparando per l’esame per perito chimico, ma continua la sua militanza nel F.d.G. e nelle strade di Milano.


Chissà, se Sergio, avrà avuto paura, avrà avuto ripensamenti, ma ha continuato , nonostante tutto e tutti

Un solo professore, al “Molinari” aveva difeso Sergio, sostenendo che egli aveva le sue idee politiche e che anche gli altri – proprio perché viviamo in una società democratica - dovevano rispettarle.
Il suddetto professore era stato però “punito” per questo suo atteggiamento. La sua macchina era stata data alle fiamme dagli ultrasinistra.

Tragici i ricordi di quei giorni… il funerale vietato, le scritte ignobili sui muri di Milano, lo sciacallaggio dopo la morte di Sergio con telefonate alla madre….

Neppure durante i propri funerali ebbe pace: i giovani missini vorrebbero giungere in chiesa in corteo dietro la salma: i servi dello Stato in divisa li carica e saranno costretti a partire in corteo senza il caro funebre, che giungerà più tardi scortato dalla polizia a sirene spiegate.

Le difficoltà continueranno pure per gli anni seguenti quando, per paura della ritorsione dei resistenti rossi o di cariche delle forze dell’ordine, i parroci non concedevano le chiese per la commemorazione.

Biografia.
Sergio Ramelli, di 18 anni è figlio di Mario 47 anni e di Anita Pozzi di 49 anni, Frequentava l’istituto Molinari, con buoni voti, giocava in una squadra di calcio all’interno del quartiere dove abitava.
Era stato fiduciario del “Fronte della Gioventù” all’istituto Molinari dove aveva studiato a lungo prima di essere espulso a causa delle sue idee politiche, dopo un assurdo “processo “ avvenuto durante un’assemblea studentesca.

Sergio Ramelli apparteneva a una famiglia di grandi tradizioni patriottiche. Due suoi parenti avevano ricevuto, nell’ultima guerra mondiale, la massima decorazione al valore la medaglia d’oro al valore militare.
Rivendicazione, autori

Stato processuale
Le indagini dell’ufficio politico della questura presero il via subito dopo l’aggressione; nella stessa serata furono arrestati una decina di giovani, studenti del “Molinari” l’istituto che Sergio Ramelli aveva frequentato fino a poco tempo prima. Questi giovani di estrema sinistra, furono rilasciati perché risultavano estranei al fatto.
L’inchiesta si spostò poi tra i gruppi della sinistra extraparlamentare che operano nella zona Città Studi, dove abitava Sergio Ramelli. Questi, infatti, pochi giorni prima del fatale agguato, avevano affisso nel quartiere dei manifesti del “ Fronte della Gioventù” che riguardavano l’uccisione dell’iscritto al F.U.A.N., Miki Mantakos, fulminato da un colpo di pistola a Roma durante gli incidenti avvenuti in occasione delle prime udienze del processo per la strage di Primavalle dove trovarono la morte Stefano e Virgilio Mattei.
Anche questa seconda pista, però, non ha dato alcun esito.

Per anni gli assassini di Sergio restarono impuniti; non ci furono arresti, la polizia non si muoveva, non aveva prove, taceva.
Lo Stato, in quegli anni, aveva paura e fingeva di non vedere.

Solo nel 1985, 10 anni dopo, i responsabili dell’infame aggressione verranno catturati, quando alcuni militanti dell’organizzazione extraparlamentare di sinistra “Prima Linea”, pentitisi, decisero di parlare, gli assassini erano militanti di “Avanguardia Operaia” appartenenti al servizio d’ordine della facoltà di Medicina (sapevano benissimo, dunque, la pericolosità di colpi inflitti alla testa!): Walter Cavallai, Claudio Colosso, Marco Costa, Giovanni Di Domenico, Claudio Scazza, Franco Castelli, Luigi Montanari, Giuseppe Ferrari Bravo, Antonio Belpiede, Gianmaria Costantino, Brunella Colombelli (indicò al gruppo luogo e ora in cui colpire Ramelli).

Cosi nel corso del dibattimento processuale, con poche righe asettiche veniva riassunta la tragedia di Sergio Ramelli, gli assassini avevano utilizzato per l’assassinio una chiave inglese “Hazet 36. un arnese lungo come un avambraccio, e che agirono esclusivamente accecati dall’odio, imbevuti di direttive e di ideologia

Il 2 marzo 1989, la II Corte d’Assise d’Appello dichiarava gli imputati (eccetto il Costantino, deceduto) colpevoli di omicidio volontario, riconoscendo, però loro l’attenuante del concorso cosiddetto “anomalo” in omicidio e riducendo le pene ( la maggiore è cosi di 11 anni e 4 mesi)
Del gruppo di assassini solo Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo tornarono in carcere, per poi essere affidati l’uno ai servizi sociale e l’altro alla semilibertà. Gli altri evitarono la galera con condoni e regimi limitativi o sostitutivi.

Giuseppe Ferrari Bravo, è oggi giornalista del quotidiano di Rifondazione Comunista “Liberazione”

La Giustizia ha fatto il suo corso e i colpevoli hanno finito di scontare le loro condanne (si fa per dire ….), ma il nome di Sergio Ramelli è ancora e sempre vivo, e non solo per i suoi familiari, per i suoi amici, per i suoi camerati.
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