Tareq Aziz: Per dare la morte ogni scusa è utile.

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Messaggio  Admin Gio 28 Ott 2010, 20:36

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La prepotente America continua insieme alla “democrazia”, ad esportare la morte.

Il governo americano umiliato dal popolo iraniano che seppe, nonostante gli attacchi, mantenere in ostaggio i componenti dell’ambasciata USA per oltre 444 giorni, ha sfruttato Saddam Hussein e il popolo irakeno spingendolo in una lunga guerra contro l’Iran, guerra che, nonostante i massicci rifornimenti di armi americane che giungevano in Iraq in chiave antiraniana, si concluse senza vincitori né vinti.
Spinse nel agosto ’90, il Capo del Governo dell’Iraq, ottenuto informalmente dal governo americano il permesso, all’occupazione militare del Kuwait già ex provincia irachena, una ingenuità, che permise il 16 gennaio 1991 agli americani di dare iniziano ad un incessante bombardamento aereo sulle città dell’Iraq, e dal 24 febbraio 1991, a dare inizio alle operazioni di terra. Liberata Kuwait City dai soldati irakeni, il consiglio dell’ONU (su specifica richiesta USA) impone alla popolazione irakena un pesante embargo, privando quel popolo persino dei più elementari bisogni, specie in campo sanitario.

Nel 2003, il presidente americano George W. Bush, ancora più esaltato del padre, dopo aver accusato, falsamente, Saddam Hussein di detenere armi di distruzione di massa il 20 marzo 2003 aggredisce l’Iraq, aggressione che si conclude tre settimane dopo con il simbolico abbattimento della statua di Saddam.

Nel agosto del 1990, Saddam viene scovato in un ricovero di fortuna ad Al Dour dai soldati americani, viene giudicato nel 1° processo farsa, e condannato a morte, per impiccagione, insieme ad alcuni suoi più stretti collaboratori, tra essi mancava Tareq Aziz che si consegna spontaneamente il 24 aprile del 2003 all’esercito americano, il quale senza vergogna lo rinchiude, come più volte ha sostenuto il suo legale, in una stanza "per cani", di due metri per uno dove "non entra mai il sole".

Tareq Aziz il cui vero nome è Mikhail Yuhanna, e nato nel 1936 a Tel Keppe, vicino Mossul, di fede cristiano-caldea, ha ricoprire cariche importanti come quelle di ministro degli Esteri dal 1983 al 1991 e vice premier fino al 2003, anno della 2° aggressione americana dell’Iraq, è noto al mondo perché ha cercato per anni, inutilmente, di dialogare con l’arrogante occidente “democratico” grazie alla sua esperta padronanza della lingua inglese.

Aziz, era il 25esimo fra i 55 uomini più ricercati dalle forze Americane durante l'invasione dell'Iraq, e forse per questo i numerosi appelli rivolti in questi anni dai familiari e dal Vaticano all’americane per ottenerne la liberazione non ha ottenuto alcun risultato.
Negli anni, i nuovi servi dell’America, hanno accusato Tareq Aziz di aver preso parte alla decisione di uccidere 42 persone con un blitz della polizia irachena avvenuto nel 1992, il 2 marzo 2009 lo assolvono. Si resero conto che in questo processo noto con il nome di "Fatti della preghiera del venerdì", le accuse non erano sostenibili.
L'11 marzo 2009 viene condannato a 15 di carcere, perché giudicato colpevole di crimini contro l'umanità.
Il 2 agosto 2009 è stato inoltre condannato a sette anni di carcere per aver contribuito a pianificare la deportazione dei Curdi dal Nord dell'Iraq.

Agli occupanti dell’Iraq le due condanne inflitte al 74enne Aziz, gravemente ammalato, (ha avuto un'ictus celebrale, un infarto e secondo il figlio, Ziad, “ha perso completamente la parola”) non bastano, ordinano ai loro servi un nuovo processo, farsa, l’accusa questa volta è d’aver fatto perseguitare nel 1991 (anno della 1° aggressione americana all’Iraq) gli sciiti del partito islamico Dawaw dell’attuale premier Nuri al Maliki.

Il governo americano, da sempre, divide i popoli del mondo per ottenere il massimo profitto, in Iraq ha utilizzato il popolo sciita contro quello sunnita, il quale ormai da oltre 7 anni subisce ogni forma di angherie, l’ultima è la condanna a morte per impiccagione inflitta il 27 ottobre 2010 a Tareq Aziz, dall'alto tribunale dell'Iraq.
L’avvocato difensore, che risiede in Giordania, dice che il suo assistito: «E’ in stato di shock, non se lo aspettava: “la sentenza è stata emessa senza la salvaguardia degli interessi della giustizia e senza gli strumenti normalmente disponibili in appello” e comunque da un punto di vista strettamente giudiziario la sentenza è ingiusta e estremamente esagerata. Ricorreremo immediatamente in appello per chiedere la commutazione della pena e la sospensione viste le condizioni di salute». Annuncia che intende rivolgersi anche al Vaticano perché fermi l'esecuzione.
Il Vaticano che già il 14 febbraio 2003, l’aveva ricevuto per un colloquio di circa mezzora con il papa Giovanni Paolo II, ancor prima di ricevere tale richiesta, si è dichiarato contro l’esecuzione della condanna a morte di Aziz, annunciando un «intervento umanitario» che farà per vie diplomatiche. «Ci si augura davvero che la sentenza non venga eseguita, proprio per favorire la riconciliazione e la ricostruzione della pace e della giustizia in Iraq dopo le grandi sofferenze attraversate».
Il figlio di Tareq Aziz appresa la notizia della condanna ha affermato è una vendetta.. "E' un'operazione per vendicarsi contro tutto ciò che riguarda il passato dell'Iraq. Questo verdetto è una vergogna.

Appelli inutili, ai quali gli invasori americani non daranno risposta.

Il potere sul mondo, il capitalismo lo mantiene con il terrore e il terrore è morte, del resto come afferma l’organizzazione asservita ai governi occidentali Amnesty International, la realtà, ci impone di prendere atto che la cultura e le leggi irachene (imposizione esclusa per l’Iran) prevedono la pena di morte, nel 2010 “almeno 366 persone sono state condannate a morte, portando il numero totale delle persone in attesa di esecuzione ad almeno 1100, comprese almeno 900 che avevano esaurito tutte le possibilità di ricorso”. Insomma, è difficile spiegare ad un popolo che vede mandare al patibolo per reati comuni - tra cui, spiega Amnesty, “coinvolgimento in attacchi armati, omicidio e altre azioni violente” - che proprio il braccio destro di Saddam Hussein potrebbe (e dovrebbe) essere salvato, per il bene superiore del paese.

Noi Fascisti restiamo fermi nel condannare la pena di morte, condanna che la “democratica” America adopera tanto quanto i più feroci Stati sottomessi al volere militare, dove persecuzione e corruzione sono al pari delle false democrazie. E tempo di smetterla con le condanne a morte in tutti i paesi del mondo, specie quando queste, come afferma Marco Pannella, servono per strozzare la verità. Hanno strozzato Saddam Hussein e adesso vogliono strozzare Tareq Aziz per impedirgli di parlare su una guerra, sottolinea Pannella, scoppiata per impedire l'esilio di Saddam e la pace.

Ci diciamo certi, che come avvenne per Saddam, un dei giorni a seguire la televisione di Stato irachena Sim-San riferirà dell’avvenuta impiccagione, rendendo felici gli invasori americani, che continuano anno dopo anno a reprimere tutte le manifestazioni che ricordano l’amato Saddam Hussein nel giorno della sua morte, giungendo persino ad imporre il copri fuoco. Il tutto a vantaggio di singoli traditori ex fuorusciti, che al pari dei fuorusciti italiani hanno svenduto la propria Patria.
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