Mirafiore: vince il SI ma gli operai hanno detto No all’accordo tra padrone e i loro servi.
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Mirafiore: vince il SI ma gli operai hanno detto No all’accordo tra padrone e i loro servi.
E’ indubitabile che l’accordo approvato nel referendum confermativo, sul piano-Marchionne dai lavoratori “Fiat Mirafiori”, si presta a meraviglia per risollevare contro il sindacato la vecchia accusa di consociato al capitalismo.
Ma al punto in cui siamo – mentre c’è una infinità di gente che, pur non avendo mai palpitato per le rivendicazioni sociali, ostenta per capriccio il suo rivoluzionarismo dell’ultima ora, altri melanconici per paura e per malintesa fedeltà si affaticano a riacquistare una ormai irrimediabilmente perduta verginità politica, pensiamo non sia il caso di scandalizzarsi, il sindacato, ha chiesto il conforto dei lavoratori su una proposta d’accordo che sapeva improponibile, specie a quel 40% dei lavoratori, che a Mirafiore non risulta sindacalizzato, essi hanno ingannato la classe lavoratrice, creando un conflitto pungente, se voti Si avrai un salario, se voti No lo perdi.
Questo RICATTO, ha preoccupato, dominato e turbato anche noi Fascisti - che veniamo pure dalle file operaie, ad esse abbiamo dato la vivacità e l’emozione della nostra fede.
A tutti coloro che rimproverano lo schietto atteggiamento antiscioperista assunto dal Fascismo, vogliamo ricordare che, mai in quegli anni i lavoratori sono stati tanto umiliati. Il Fascismo si evidenziava come fiero nemico del politicantismo e di conseguenza ostili a tutte le accademie e le speculazioni del liberalismo.
Al referendum hanno partecipato 5.119 lavoratori, oltre il 94,02% degli aventi diritto, i Si sono stati 2.735 pari al 54,05% i No invece 2.325 il 46,95%.
Presso i seggi 6, 7, 8 e 9 dove hanno votato (2962) i lavoratori che operano nei reparti montaggio, gli unici, di fatto, a subire il terribile accordo largamente in favore del capitale e degli investitori: i voti contrari sono stati complessivamente 1.576 ( il 53,2%) contro i 1.386 voti favorevoli ( il 46,8%).
Questo ci induce a riconoscere ai lavoratori di Mirafiore la dignità che, gli antifascisti non intendono riconoscere loro. Se è vero che la classe lavoratrice è del tutto inscindibile con lo stabilimento dell'auto torinese: e anche vero che il risultato favorevole al Si è venuto dal seggio 5, quello dei 449 impiegati, per intenderci da uomini e donne che nulla avranno a che fare con la catena di montaggio, perciò di quel voto iniziato alle 22.00 di giovedì 13/01/2011, sentiamo l’inanità e la comicità di un atteggiamento fatto di scongiuri e di illusioni che, se può essere compatibile per dei temperamenti servili, ambigui e vegetativi, ripugna a noi temperamenti fieri, realistici e a volte spregiudicati.
Uno sguardo superficiale alle attuali condizioni delle organizzazioni sindacali italiana, basta a confermarci nel nostro asserto.
Infatti, siamo certi, che la maggioranza dei lavoratori organizzati nei sindacati confederali sentano la necessità di liberarsi del loro odioso dominio, anche se i confederali sono preoccupati di salvare quello che ormai è follia pensare di salvare, viste le rinunzie ed i tentennamenti, sull’imposizioni del capitalismo.
Ormai è dimostrato, le organizzazioni economiche prendono per scusante la globalizzazione dei mercati e la dislocazione delle imprese per ridurre i diritti dei lavoratori che, già, negli anni venti si ritenevano indispensabili.
Quando parliamo di organizzazione economica alludiamo alle masse, perché nessuno ignora che lo stato maggiore dei dirigenti confederali - a dispetto di atteggiamenti esteriori tribunizi – si compone effettivamente di elementi arruffoni. Ma le masse - che bevono al grosso calice della demagogia offerta quotidianamente dall'infame informazione giornalistica – vengono spinti a vivere l’atmosfera di puro stordimento antifascista, di cui si nutre il grosso dei sindacati e dei politicanti: che negano questo stato d’animo, che sta fra l’aspettazione mistica e la minaccia truculenta, perdendo volutamente il contatto con i lavoratori che ne ignorano le ingenue attese e le brutali presunzioni.
Nessuna colpa abbiamo noi se per abbattere il fantoccio mostruoso del politicantismo pseudo-capitalista ed antinazionale qualche volta abbiamo colpito o colpiremo in pieno gli antifascisti. Peggio per essi se, ad onta di tanti richiami e denunzie, solidarizzano con il loro sfruttatore e perseguono obbiettivi destinati ormai a determinare la loro disfatta!
Per nostro conto sentiamo di non avere rimorso di sorta e quando essi decideranno di togliersi dal volto la maschera che ora li imbruttisce, potranno Ricordare che gli unici che hanno sempre parlato loro un linguaggio di schietta amicizia e di puro disinteresse siamo stati noi e soltanto noi. Siamo infatti noi Fascisti che, innanzi ad un movimento economico e politico destinato a deprimere la nazione e ad indebolire il valore dei lavoratori, resistiamo a tutte le degenerazioni.
Bisogna dunque, una buona volta, decidersi nella scelta. In mezzo a queste due opposte tendenze, mentalità e passioni, si può indugiare facendosi beffeggiare e scapaccionare allegramente, come veri vigliacchi, oppure, svegliarsi e riflettere sul da farsi.
Ebbene, è tempo di proclamare francamente che, di fronte alla certezza ineluttabile della dissoluzione generale a cui oggi fatalmente ci conduce il liberalismo- sindacale, necessità un movimento rivoluzionario – da chiunque diretto – che senta il dovere di andare contro corrente: più brutalmente diciamo; che abbia il dovere di essere risolutamente un oppositore. E' necessario restituire ai lavoratori quello che di organico e di sano offriva ad essi l'organizzazione corporativa del lavoro.
Noi neghiamo risolutamente al sindacato, la maturità la capacità tecnica e morale a gestire, nell’attuale momento, il confronto con il capitalismo nostrano ed internazionale; non solo; noi affermiamo che il lavoratore – specie dopo questi anni di bestiale globalizzazione – è trattato come strumento meccanico anziché da essere umano, cosa che al momento non accade ai ceti intellettuali e alle altre classi non operaie, che nella globalizzazione si nutrono.
Una sola speranza ed una sola illusione ci spinge – sia pure in solitudine – a tenere alta quella fiaccola di verità e di purezza che nell’ora della crisi internazionale la fede nel Fascismo ha saputo mantenere accesa.
Ormai è tempo di liberarsi delle vecchie rappresentanze sindacali, circondandole di indifferenze, abbandonandosi a voti e disquisizioni che hanno solo la virtù di guadagnargli il disprezzo ed il compatimento.
I confederali non capiscono che quando più essi si saranno scandalosamente abbassati, fino ai più bassi istinti, più il capitalismo non sarà soddisfatto.
A Mirafiore i lavoratori avrebbero dovuto, invece, a qualunque costo elevare a superiore visioni la lotta. Con l'accordo Marchionne, non solo hanno distrutto tutta una storia, non solo non avranno salvato nemmeno i residui dei loro diritti, ma saranno ugualmente scacciati se non chineranno sempre più la schiena.
Riprendiamo, dunque, noi quella fiaccola di verità e di purezza che altri hanno abbandonato nell’illusione di ravvivare, con qualche razzo di una pirotecnica a scartamento ridotto, nuove fiamme e nuovi consensi; per parlare un linguaggio che non sia solo seduzione e servilismo, per denunziare con brutalità pericoli e disfatte irrimediabili.
Solidarizziamo, con i lavoratori “Fiat Mirafiori”, con l’estrema speranza che essi si libereranno quanto prima dal dominio dell'antifascismo, per riacquistare il senso della responsabilità della sensibilità e della discrezione. Per ottenere questo, ristabilimento morale, occorre la disfatta dei sindacati confederali politicamente impegnati, fanfaroni, presuntuosi ed inconcludenti. Ad onta dei diversi contorcimenti e delle manovre di questi giorni, che sanno di tradimento autentico dei lavoratori dello stabilimento Mirafiore, di cui sono stati maestri i vari: Maurizio Sacconi ministro del Lavoro, Pierluigi Bersani segretario del Pd, Emma Marcegaglia presidente di Confindustria e Sergio Chiamparino sindaco di Torino, i quali spingendo per il Si hanno anticipato il preludio per ottenere l'auspicata e definitiva disfatta dei lavoratori, desiderio quest'ultimo del capitalismo internazionale.
Ma al punto in cui siamo – mentre c’è una infinità di gente che, pur non avendo mai palpitato per le rivendicazioni sociali, ostenta per capriccio il suo rivoluzionarismo dell’ultima ora, altri melanconici per paura e per malintesa fedeltà si affaticano a riacquistare una ormai irrimediabilmente perduta verginità politica, pensiamo non sia il caso di scandalizzarsi, il sindacato, ha chiesto il conforto dei lavoratori su una proposta d’accordo che sapeva improponibile, specie a quel 40% dei lavoratori, che a Mirafiore non risulta sindacalizzato, essi hanno ingannato la classe lavoratrice, creando un conflitto pungente, se voti Si avrai un salario, se voti No lo perdi.
Questo RICATTO, ha preoccupato, dominato e turbato anche noi Fascisti - che veniamo pure dalle file operaie, ad esse abbiamo dato la vivacità e l’emozione della nostra fede.
A tutti coloro che rimproverano lo schietto atteggiamento antiscioperista assunto dal Fascismo, vogliamo ricordare che, mai in quegli anni i lavoratori sono stati tanto umiliati. Il Fascismo si evidenziava come fiero nemico del politicantismo e di conseguenza ostili a tutte le accademie e le speculazioni del liberalismo.
Al referendum hanno partecipato 5.119 lavoratori, oltre il 94,02% degli aventi diritto, i Si sono stati 2.735 pari al 54,05% i No invece 2.325 il 46,95%.
Presso i seggi 6, 7, 8 e 9 dove hanno votato (2962) i lavoratori che operano nei reparti montaggio, gli unici, di fatto, a subire il terribile accordo largamente in favore del capitale e degli investitori: i voti contrari sono stati complessivamente 1.576 ( il 53,2%) contro i 1.386 voti favorevoli ( il 46,8%).
Questo ci induce a riconoscere ai lavoratori di Mirafiore la dignità che, gli antifascisti non intendono riconoscere loro. Se è vero che la classe lavoratrice è del tutto inscindibile con lo stabilimento dell'auto torinese: e anche vero che il risultato favorevole al Si è venuto dal seggio 5, quello dei 449 impiegati, per intenderci da uomini e donne che nulla avranno a che fare con la catena di montaggio, perciò di quel voto iniziato alle 22.00 di giovedì 13/01/2011, sentiamo l’inanità e la comicità di un atteggiamento fatto di scongiuri e di illusioni che, se può essere compatibile per dei temperamenti servili, ambigui e vegetativi, ripugna a noi temperamenti fieri, realistici e a volte spregiudicati.
Uno sguardo superficiale alle attuali condizioni delle organizzazioni sindacali italiana, basta a confermarci nel nostro asserto.
Infatti, siamo certi, che la maggioranza dei lavoratori organizzati nei sindacati confederali sentano la necessità di liberarsi del loro odioso dominio, anche se i confederali sono preoccupati di salvare quello che ormai è follia pensare di salvare, viste le rinunzie ed i tentennamenti, sull’imposizioni del capitalismo.
Ormai è dimostrato, le organizzazioni economiche prendono per scusante la globalizzazione dei mercati e la dislocazione delle imprese per ridurre i diritti dei lavoratori che, già, negli anni venti si ritenevano indispensabili.
Quando parliamo di organizzazione economica alludiamo alle masse, perché nessuno ignora che lo stato maggiore dei dirigenti confederali - a dispetto di atteggiamenti esteriori tribunizi – si compone effettivamente di elementi arruffoni. Ma le masse - che bevono al grosso calice della demagogia offerta quotidianamente dall'infame informazione giornalistica – vengono spinti a vivere l’atmosfera di puro stordimento antifascista, di cui si nutre il grosso dei sindacati e dei politicanti: che negano questo stato d’animo, che sta fra l’aspettazione mistica e la minaccia truculenta, perdendo volutamente il contatto con i lavoratori che ne ignorano le ingenue attese e le brutali presunzioni.
Nessuna colpa abbiamo noi se per abbattere il fantoccio mostruoso del politicantismo pseudo-capitalista ed antinazionale qualche volta abbiamo colpito o colpiremo in pieno gli antifascisti. Peggio per essi se, ad onta di tanti richiami e denunzie, solidarizzano con il loro sfruttatore e perseguono obbiettivi destinati ormai a determinare la loro disfatta!
Per nostro conto sentiamo di non avere rimorso di sorta e quando essi decideranno di togliersi dal volto la maschera che ora li imbruttisce, potranno Ricordare che gli unici che hanno sempre parlato loro un linguaggio di schietta amicizia e di puro disinteresse siamo stati noi e soltanto noi. Siamo infatti noi Fascisti che, innanzi ad un movimento economico e politico destinato a deprimere la nazione e ad indebolire il valore dei lavoratori, resistiamo a tutte le degenerazioni.
Bisogna dunque, una buona volta, decidersi nella scelta. In mezzo a queste due opposte tendenze, mentalità e passioni, si può indugiare facendosi beffeggiare e scapaccionare allegramente, come veri vigliacchi, oppure, svegliarsi e riflettere sul da farsi.
Ebbene, è tempo di proclamare francamente che, di fronte alla certezza ineluttabile della dissoluzione generale a cui oggi fatalmente ci conduce il liberalismo- sindacale, necessità un movimento rivoluzionario – da chiunque diretto – che senta il dovere di andare contro corrente: più brutalmente diciamo; che abbia il dovere di essere risolutamente un oppositore. E' necessario restituire ai lavoratori quello che di organico e di sano offriva ad essi l'organizzazione corporativa del lavoro.
Noi neghiamo risolutamente al sindacato, la maturità la capacità tecnica e morale a gestire, nell’attuale momento, il confronto con il capitalismo nostrano ed internazionale; non solo; noi affermiamo che il lavoratore – specie dopo questi anni di bestiale globalizzazione – è trattato come strumento meccanico anziché da essere umano, cosa che al momento non accade ai ceti intellettuali e alle altre classi non operaie, che nella globalizzazione si nutrono.
Una sola speranza ed una sola illusione ci spinge – sia pure in solitudine – a tenere alta quella fiaccola di verità e di purezza che nell’ora della crisi internazionale la fede nel Fascismo ha saputo mantenere accesa.
Ormai è tempo di liberarsi delle vecchie rappresentanze sindacali, circondandole di indifferenze, abbandonandosi a voti e disquisizioni che hanno solo la virtù di guadagnargli il disprezzo ed il compatimento.
I confederali non capiscono che quando più essi si saranno scandalosamente abbassati, fino ai più bassi istinti, più il capitalismo non sarà soddisfatto.
A Mirafiore i lavoratori avrebbero dovuto, invece, a qualunque costo elevare a superiore visioni la lotta. Con l'accordo Marchionne, non solo hanno distrutto tutta una storia, non solo non avranno salvato nemmeno i residui dei loro diritti, ma saranno ugualmente scacciati se non chineranno sempre più la schiena.
Riprendiamo, dunque, noi quella fiaccola di verità e di purezza che altri hanno abbandonato nell’illusione di ravvivare, con qualche razzo di una pirotecnica a scartamento ridotto, nuove fiamme e nuovi consensi; per parlare un linguaggio che non sia solo seduzione e servilismo, per denunziare con brutalità pericoli e disfatte irrimediabili.
Solidarizziamo, con i lavoratori “Fiat Mirafiori”, con l’estrema speranza che essi si libereranno quanto prima dal dominio dell'antifascismo, per riacquistare il senso della responsabilità della sensibilità e della discrezione. Per ottenere questo, ristabilimento morale, occorre la disfatta dei sindacati confederali politicamente impegnati, fanfaroni, presuntuosi ed inconcludenti. Ad onta dei diversi contorcimenti e delle manovre di questi giorni, che sanno di tradimento autentico dei lavoratori dello stabilimento Mirafiore, di cui sono stati maestri i vari: Maurizio Sacconi ministro del Lavoro, Pierluigi Bersani segretario del Pd, Emma Marcegaglia presidente di Confindustria e Sergio Chiamparino sindaco di Torino, i quali spingendo per il Si hanno anticipato il preludio per ottenere l'auspicata e definitiva disfatta dei lavoratori, desiderio quest'ultimo del capitalismo internazionale.
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