La paternità non è un avvenimento, ma un sentimento e un dovere.

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La paternità non è un avvenimento, ma un sentimento e un dovere.  Empty La paternità non è un avvenimento, ma un sentimento e un dovere.

Messaggio  Admin Gio 03 Feb 2011, 20:13

La paternità non è un avvenimento, ma un sentimento e un dovere.  Balill11

Le falangi dei nostri bimbi inquadrati nell’Opera Nazionale Balilla, sono una intera Umanità nella quale il critico non vede in genere che la faccia esteriore. Una umanità densa di spiritualità che il psicologo analizza e comprende ma non narra; analizza e comprende ma non sente. Infatti nessuno degli scrittori che si occupano oggi del movimento fascista, vestì da bambino la divisa del balilla.
Dove si muove una marea umana, grande o piccola di età, si agitano sentimenti, passioni, gioie, dolori;tutte le moltitudini hanno i nostri drammi spirituali; anche quella dei piccoli.
Ricorre ogni anno la giornata dedicata alla madre e al fanciullo. Tanto al fanciullo che vive presso alla madre, come a quello che ha bisogno delle cure materne di un’altra donna. Qualche bimbo esce però, in quel giorno, in punta di piedi, dalle file dei nostri balilla, per scivolare fra quelli che appartengono alla vasta zona sentimentale della paternità: qualche bimbo per cui la madre non ha quasi importanza. Vi sono fanciulli che non possono liberamente esprimere intensi motivi di ansia a chicchessia, perché ciò che loro manca non è oggetto di indagine da parte di nessuno, né oggetto di pietà da parte di chi non è stato balilla.
Nelle nostre schiere si confondono bimbi e giovinetti di tutte le classi; e questo è il fatto più grande della nostra rivolta ideale: nei lunghi plotoni affiancati, tutti i bimbi sono balilla; fra essi non vi è neppure quella placida differenza che si manifesta automaticamente nei giovani per via della cultura e della maggiore o minore capacità all’avanzamento; i balilla sono tutti, tutti uguali, e si vogliono bene per questo.
La camicia nera, il fazzoletto azzurro, la medaglia sul petto; i calzettoni,le scarpe nere, i guanti alla moschettiera, il fez. Le falangi sfilano precedute dai tamburini. Il tenente li guarda, li tratta, li riprende, tutti alla stessa maniera. Ma essi vivono ciascuno una propria vita di balilla, la quale è diversa da quella dell’altro. Ogni anima ha le sue piccole o grandi emozioni proprie della grande milizia; ogni giorno migliaia di piccini offrono al loro dio ignoto messi di pensieri, sorrisi, crucci, palpiti, affanni, speranze, tutti lievemente o profondamente differenti l’uno dall’altro.
Molti bimbi son nati con divisa. Ogni anno la mamma ha allungato o rifatto i pantaloni e la camicia; per questi il corredo di balilla è un comune indumento; essi hanno anzi un cassettino ripieno di elementi della divisa dal quale levano questo o quel costume a seconda della solennità, del tempo che fa.
Per molti la divisa ha una storia. Taluni lottano contro i sentimenti avversi del babbo; altri contro la timidezza e la paura della mamma, che considera la divisa come uno strumento di separazione dal figlio; come un motivo di divisione anche spirituale.
Per altri ancora la divisa fu problema economico. Il babbo rimase disoccupato; la madre non <<sentiva>> l’importanza che la passione per la divisa aveva nell’anima del figlio. Il maestro aveva insistito, aveva marcato nel diario la lacuna, ma i genitori non avevano avuto tempo di pensare ad accontentare il figliolo. Talora la sorella si rende interprete della passione del bambino: la sorella, perché anch’essa è giovine, anche essa è del nostro tempo, e vive la bellezza dei fini supremi del Fascismo. Il babbo ha una vecchia mantellina dalla quale si ricorda soltanto d’inverno. Un bel giorno di estate la sorellina ritaglia la mantellina e fa di nascosto i pantaloncini al piccolo, che segue il lavoro con trepidazione, con gli occhi rossi di gioia e di ansia; poi, col sacrificio di pochi soldi, la stessa sorella procura la cotonina nera per la camicia; e il collare azzurro, il fazzoletto, proviene da un amico, da un’amica che lo sottrae al guardaroba ben fornito del fratellino. Ma le scarpe rappresentano quasi sempre uno scoglio. Vero è che ogni scarpa è buona, salvo nelle occasioni di marcia e di parata. Ma dio provvederà. E infatti Dio provvede assai sovente con il mito della paternità; un sentimento per cui la poesia non si scompone che raramente e che i poeti non sogliono esaltare perché è cosa loro. Non nobile infatti esaltare i nostri specifici doveri, i nostri sentimenti egoistici.
Il giorno in cui Mussolini ha assistito ai primi Ludi Juveniles, in un grande cortile di Scuola media si formarono alcuni folti plotoni di balilla. Signore, signorine, ufficiali, padri di famiglia, assistevano alla fatica dei capi manipolo addetti all’inquadramento,senza avvicinarsi troppo, senza fiatare. Un tenente, presso al cancello, riceveva ed esaminava ad uno ad uno i balilla. <<Fuori quel colletto della camicia - diceva - dritto quel fazzoletto; più avanti il berretto, pulisci quelle scarpe>> e tante altre rapide correzioni. Poi , un piccolo spintone verso il plotone al quale era diretto il balilla. Ma uno non passò. <<Non posso lasciarti andare allo Stadio cosi – disse il tenente- oggi torna a casa, e domenica presentati un pò meglio, con la divisa in ordine, e ti metterò in rango>>.
Il bambino non si muoveva. Guardava con occhio triste il suo giudice.
Il tenente continuò risolutamente le sue osservazioni:
<<Hai le scarpe gialle e in disordine, le calze bianche; sei senza medaglia; non posso accettarti>>.
Il piccolo parve colpito da una sventura. Piegò il labbro ad una espressione di vero dolore, e balbettò qualche cosa.
Ma il tenente era già presso ad un altro.
A pachi passi dalla scena erano signore e signorine che avevano notato, senza fiatare, l’atteggiamento commovente del bambino il quale pareva voler far notare che non avrebbe potuto presentarsi altro che cosi, anche nella domenica successiva. Qualche passo più indietro, c’era un signore sulla quarantina; un osservatore occasionale. Il bimbo era rimasto fermo in una posizione che dava un pò di pensiero. Una piccola tragedia agitava il suo cervello. Era un ragazzo dall’espressione chiara e dall’aspetto intelligente: l’italiano nuovo, la materia nuova inserita automaticamente nella nuova vita, e che non può essere in alcun modo avulsa.
Quel signore isolato si avvicinò risolutamente al balilla; lo prese per un braccio e lo condusse via. Chi vide, credette che fosse il padre. E padre fu per la circostanza. Accarezzò la mano e il volto del bambino, e lo condusse in un vicino negozio di calzature, poi andò a comprare anche un paio di calzettoni bruni, e fece felice un figlioletto del quale forse non seppe neppure il nome; ma fece felice anche sé stesso E ricondusse per mano, come un vero padre, il piccolo nelle file, per assicurarsi che nulla più mancasse al trionfo della passione, perché quella piccola anima era certamente la più grande in tutto il cortile, dal punto di vista dell’ideale.

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