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Messaggio  Admin Mer 12 Giu 2013, 19:52

Dopo aver contribuito a distruggere la Destra, godendo a pieno dei privilegi della CASTA volta a DELINQUERE, la Perina, dimostra d’avere una gran facciatosta sentendosi libera di commentare, a suo modo, la meritata sconfitta del TRADITORE G. Alemanno.
Queste “merde” debbono tacere per sempre, lasciando che giunga nei loro confronti, il definitivo giudizio di condanna dalla storia.
I militanti della Destra che il M.S.I. rappresentava, vergognandosi, lì lasciano perire nella loro disperazione a cui i Giuda da sempre sono destinati.
Berlusconi, vale quanto ognuno di loro. E COME LORO LA PAGHERÀ.

Senti chi scrive! Angela11

12 giugno 2013
ROMA, ADDIO DESTRA AMORALE
LA SCONFITTA DI ALEMANNO È QUELLA DEGLI EX MISSINI AL GUINZAGLIO DI BERLUSCONI

L’onda lunga della questione morale è un argomento-tabù nei tempi delle larghe intese, e infatti nessuno ne ha parlato nei fluviali commenti all’esito delle amministrative.
Ma è in quella direzione che va cercata la prima causa del disastro della destra, la destra degli sceriffi che si è confusa coi delinquenti, la destra “legge e ordine” finita a fabbricare regole ad personam, la destra sociale, infine, quella romana, che ha sposato troppe volte la causa dei prepotenti e dei furbi e ha sbriciolato la sua vantata diversità etica tra cubiste assunte senza concorso e Suv comprati coi soldi pubblici (“Mi era indispensabile, nella Smart non c’entravo”, come ebbe a dire Fiorito).
Il giornalismo copia-incolla si è ritrovato d’accordo nel celebrare i funerali del ventennio di potere di questa destra fissandone la data d’inizio nel novembre ’93, con l’endorsement di Berlusconi a favore della candidatura di Fini al Campidoglio.
La fine, ovviamente, viene indicata nel voto di domenica scorsa.
È una tesi molto amata dal Cavaliere, che adora conferirsi il potere di fare e disfare fortune politiche, ma del tutto immemore dei fatti.
L’ascesa della destra, l’accensione dei riflettori (e del consenso) sul quel partitino fuori dai giochi che era il Msi, comincia qualche mese prima del pronunciamento di Silvio, con una manifestazione contro la corruzione a Montecitorio, quando i giovani missini scendono in piazza indossando magliette con la scritta “Arrendetevi, siete circondati”.
Ci furono una trentina di denunce per quella protesta, e molte perquisizioni a caccia delle t-shirt incriminate.
Si accesero i riflettori su una formazione politica mai contaminata dagli scandali.
I sondaggi si impennarono, dando inizio a una storica avanzata elettorale.
Vent’anni dopo, nel marzo scorso, lo stesso slogan, nello stesso posto, è stato usato dai dimostranti grillini.
E i vari Alemanno, La Russa, le Meloni, i Matteoli, si sono trovati dall’altra parte della barricata, come i Craxi e i Forlani di un tempo, a difendere il fortino assediato della cattiva politica.
Ecco, se proprio si vuole cercare l’Alfa e l’Omega della destra, meglio fissarla lì, nello scarto fra quelle due manifestazioni e nella mutazione genetica che esse rivelano.
Da censori del malaffare a coimputati.
Da paladini dei deboli a sodali dei prepotenti.
Da interpreti del desiderio di cambiamento a custodi di un tempio in rovina.
Una pessima fine, che il voto romano ha soltanto formalizzato.
Fa ridere, adesso, leggere le analisi di Bondi o della Biancofiore, che attribuiscono al basso tasso di berlusconismo di Alemanno e degli altri la sconfitta elettorale, ripetendo la favoletta del Giornale e di Libero: “Se non c’è in campo lui, si perde”.
In realtà è successo il contrario.
La destra ha pagato tutto insieme il conto della fedeltà canina al padrone e ai suoi imitatori di minor rango.
Una serie di cambiali che si sono accumulate nel tempo, una a una, e sono andate all’incasso tutte insieme.
Le sparate sull’“eroe Mangano” di Dell’Utri, la crema “Genescienze” da 200 euro a barattolo di Formigoni, le risate al telefono della cricca del terremoto, i massaggi di Bertolaso al Salaria Village, Micciché che vuole cambiare nome all’aeroporto Falcone e Borsellino perché “deprime i turisti”, i rolex rubati di Papa, i cannoli di Salvatore Cuffaro, le ostriche sbandierate da Er Batman come una conquista politica (“Senza di me in Ciociaria conoscevano solo il tonno in scatola”).
L’antropologia arraffona e prepotente dei parvenu del berlusconismo ha demolito pezzo a pezzo la mitologica “diversità della destra” e disgustato chi si riconosceva in altri modelli.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
E siccome sei come gli altri, non ti voterò mai più.
Sul blog e nei commenti sui social network degli ex-elettori alemanniani, ieri, era tutto un rincorrersi di orgogliose rivendicazioni di astensionismo: “Ho il voltastomaco”, “Non posso riconoscermi nella destra del voto ad personam”, “Imparino la lezione e poi ne riparliamo”, fino alla più amara delle citazioni postata da un vecchio militante, una canzone di Francesco De Gregori: “Ciambellano del nulla, avanzo di segreteria, ti ricordi com’eri quando cercavi una sistemazione?”.
Già, chissà se si ricordano.
Di sicuro, se hanno memoria di quel che era la destra “prima”, non possono dirlo.
Mai come adesso quel che resta della ex-An è materialmente dipendente dal berlusconismo.
A Roma, ma non solo, c’è una generazione intera di ex in cerca di collocazione.
La nomina della moglie dell’ex sindaco, Isabella Rauti, a consigliere di Alfano al Viminale è la punta di un iceberg di piccoli e grandi assalti a quel che resta della diligenza del potere.
Una destra che fino a un anno fa aveva tre ministeri, dieci sottosegretariati, il governo di Roma e del Lazio, una pletora di assessorati regionali, per non parlare delle città, degli enti, delle authority, delle fondazioni, adesso non ha più nulla.
Nella Capitale, Alemanno porta solo se stesso in Consiglio: nessuno dei suoi amici di corrente è stato eletto.
Gli ex-An, che vent’anni fa diedero il “bollino di garanzia” al berlusconismo, conferendo al miliardario amico di Craxi la reputazione di una tradizione politica magari criticabile ma sicuramente onesta, sono diventati vuoto a perdere.
Da Arcore si annuncia la fine del Pdl e il ritorno al modello Forza Italia.
“No Silvio, no party”, titola Il Giornale, e il messaggio è molto chiaro, molto amaro: per voi, ragazzi, la festa finisce qui.
Flavia Perina
(Fonte destradipopolo.net)
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