28 aprile 1945 – 28 aprile 2023: Vendetta chiama Vendetta
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28 aprile 1945 – 28 aprile 2023: Vendetta chiama Vendetta
Benito MUSSOLINI
Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945
Non è la fede che arriva nell’ora del crepuscolo quella che mi sostiene, è la fede della mia infanzia e della mia vita che mi impone di dover credere, anche quando avrei diritto di dubitare.
Non so se questi miei appunti saranno mai letti dal popolo italiano, vorrei che cosi fosse, per dargli la possibilità di raccogliere in confessione di fede il mio ultimo pensiero.
Non so nemmeno se gli uomini mi concederanno il tempo sufficiente per scriverli.
Ventidue anni di governo non mi rendono probabilmente degno, a giudizio umano, di vivere altre ventiquattro ore.
Ho creduto nella vittoria delle nostre armi, come credo in Dio, Nostro Signore, ma più ancora credo nell’Eterno, adesso che la sconfitta ha costituito il banco di prova sul quale dovranno venire mostrate al mondo intero, la forza e la grandezza dei nostri cuori.
È ormai un fatto che la guerra è perduta, ma è anche certo che non si è vinti finché non ci si dichiari vinti.
Questo dovranno ricordare gli italiani, se, sotto la dominazione straniera, arriveranno a sentire l’insoffocabile risveglio della loro coscienza e dei loro spiriti.
Oggi io perdono a quanti non mi perdonano e mi condannano condannando se stessi.
Penso a coloro ai quali sarà negato per anni di amare e soffrire per la Patria e vorrei che essi si sentissero non solo testimoni di una disfatta, ma anche alfieri della rivincita.
All’odio smisurato e alle vendette subentrerà il tempo della ragione.
Così riacquistano il senso della dignità e dell’onore, son certo che gl’italiani di domani sapranno serenamente valutare i coefficienti della tragica ora che vivo.
Se questo è dunque l’ultimo giorno della mia esistenza, intendo che anche a chi mi ha abbandonato e a chi mi ha tradito, vada il mio perdono, come allora perdonai al Savoia la sua debolezza.
Germasino, 27 Aprile notte Non è la fede che arriva nell’ora del crepuscolo quella che mi sostiene, è la fede della mia infanzia e della mia vita che mi impone di dover credere, anche quando avrei diritto di dubitare.
Non so se questi miei appunti saranno mai letti dal popolo italiano, vorrei che cosi fosse, per dargli la possibilità di raccogliere in confessione di fede il mio ultimo pensiero.
Non so nemmeno se gli uomini mi concederanno il tempo sufficiente per scriverli.
Ventidue anni di governo non mi rendono probabilmente degno, a giudizio umano, di vivere altre ventiquattro ore.
Ho creduto nella vittoria delle nostre armi, come credo in Dio, Nostro Signore, ma più ancora credo nell’Eterno, adesso che la sconfitta ha costituito il banco di prova sul quale dovranno venire mostrate al mondo intero, la forza e la grandezza dei nostri cuori.
È ormai un fatto che la guerra è perduta, ma è anche certo che non si è vinti finché non ci si dichiari vinti.
Questo dovranno ricordare gli italiani, se, sotto la dominazione straniera, arriveranno a sentire l’insoffocabile risveglio della loro coscienza e dei loro spiriti.
Oggi io perdono a quanti non mi perdonano e mi condannano condannando se stessi.
Penso a coloro ai quali sarà negato per anni di amare e soffrire per la Patria e vorrei che essi si sentissero non solo testimoni di una disfatta, ma anche alfieri della rivincita.
All’odio smisurato e alle vendette subentrerà il tempo della ragione.
Così riacquistano il senso della dignità e dell’onore, son certo che gl’italiani di domani sapranno serenamente valutare i coefficienti della tragica ora che vivo.
Se questo è dunque l’ultimo giorno della mia esistenza, intendo che anche a chi mi ha abbandonato e a chi mi ha tradito, vada il mio perdono, come allora perdonai al Savoia la sua debolezza.
Benito Mussolini
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