È morto a 69anni Francesco Neami
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È morto a 69anni Francesco Neami
La sua morte celata ai più, è avvenuta qualche mese fa in Romania per un improvviso malore, solo in questi giorni si è saputo della sua dipartita grazie ad un articolo riportato su un quotidiano locale.
Sconosciuto a livello nazionale Francesco Neami, fu il Capo degli ordinovisti triestini. In questa falsa “democrazia” è bastato questo suo impegno per subire l’accusato d’essere stato uno degli organizzatori della strage alla questura di Milano avvenuta il 17 maggio 1973, nella quale perirono quattro persone e altre dieci rimasero ferite.
La sua persecuzione ha avuto inizio dopo che la procura ha ascoltato le rivelazioni del pentito (delatore) Carlo Digiglio, tanto è bastato perché il 14 giugno 1997 la Digos suonasse alla porta della abitazione e gli notificasse l’ordine d’arresto. Cinque ore più tardi aveva raggiunto la cella a San Vittore dove ristava un paio di mesi, da quel momento per lui e la sua famiglia è iniziato un lungo e difficile periodo di tormenti.
Anche se la sua innocenza era già scritta nelle carte del processo, nel processo di primo grado venne condannato all’ergastolo. Per due anni si e dovuto presentare due volte la settimana alla caserma dei carabinieri per firmare il registro. Non poteva uscire dal territorio comunale, pena l’arresto.
Nel primo processo di appello viene assolto con formula piena, ma come accade ogni qualvolta viene dimostrata l’innocenza di un Fascista, il suo persecutore ricorre all’Alta Corte la quale come regola rinvia il processo ad un nuovo dipartimento.
Processo che si svolge davanti ai giudici della Corte d’assisi di Milano, la quale nonostante la richiesta di condanna all’ergastolo formulate dal sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale, l'1 dicembre 2004, assolve per la seconda volta Francesco Neami e l’altro coimputato con la formula più ampia, per non aver commesse il fatto.
Le dichiarazioni accusatorie dei pentiti Martino Siciliano, e Carlo Digiglio, sono state smentite per due volte dalle sentenze di altrettante Corti d'assise d'appello.
la inattendibilità riguardo alla vicenda di Gianfranco Bertoli - si legge nella prima sentenza di assoluzione di Neami - è pienamente dimostrata anche dal solo fatto che Bertoli è risultato essere, attraverso prove del tutto affidabili, in Israele nel periodo in cui Digiglio lo ha collocato a Verona, nell'appartamento in cui, secondo l'accusa Francesco Neami, lo avrebbe addestrato a compiere la strage.
Al sostituto procuratore di Milano Laura Bertolé Viale, questa ulteriore assoluzione non è bastata, ancora una volta con immancabile spirito persecutorio ricorre in Cassazione ma, questa volta al contrario di quanto accade l’1 luglio 2003, la Cassazione ha confermato la sentenza di assoluzione mettendo definitivamente la parola fine ad una persecuzione iniziata nel giugno del 1997 e conclusosi ad ottobre del 2005.
Riconoscere a Francesco Neami (al contrario di quanti hanno tradito), la ferma fede nel suo ideale, non permettendo che quanto gli è stato imposto patire lo allontanasse dal suo impegno politico, accettando di ricoprire, da ultimo, l’incarico di segretario provinciale della “Destra” di Storace, incarico abbandonato solo dopo che Storace, ha svenduto la sua formazione, ai berluscones.
Francesco Neami resterà tra noi Camerati sempre Presente!
Sconosciuto a livello nazionale Francesco Neami, fu il Capo degli ordinovisti triestini. In questa falsa “democrazia” è bastato questo suo impegno per subire l’accusato d’essere stato uno degli organizzatori della strage alla questura di Milano avvenuta il 17 maggio 1973, nella quale perirono quattro persone e altre dieci rimasero ferite.
La sua persecuzione ha avuto inizio dopo che la procura ha ascoltato le rivelazioni del pentito (delatore) Carlo Digiglio, tanto è bastato perché il 14 giugno 1997 la Digos suonasse alla porta della abitazione e gli notificasse l’ordine d’arresto. Cinque ore più tardi aveva raggiunto la cella a San Vittore dove ristava un paio di mesi, da quel momento per lui e la sua famiglia è iniziato un lungo e difficile periodo di tormenti.
Anche se la sua innocenza era già scritta nelle carte del processo, nel processo di primo grado venne condannato all’ergastolo. Per due anni si e dovuto presentare due volte la settimana alla caserma dei carabinieri per firmare il registro. Non poteva uscire dal territorio comunale, pena l’arresto.
Nel primo processo di appello viene assolto con formula piena, ma come accade ogni qualvolta viene dimostrata l’innocenza di un Fascista, il suo persecutore ricorre all’Alta Corte la quale come regola rinvia il processo ad un nuovo dipartimento.
Processo che si svolge davanti ai giudici della Corte d’assisi di Milano, la quale nonostante la richiesta di condanna all’ergastolo formulate dal sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale, l'1 dicembre 2004, assolve per la seconda volta Francesco Neami e l’altro coimputato con la formula più ampia, per non aver commesse il fatto.
Le dichiarazioni accusatorie dei pentiti Martino Siciliano, e Carlo Digiglio, sono state smentite per due volte dalle sentenze di altrettante Corti d'assise d'appello.
la inattendibilità riguardo alla vicenda di Gianfranco Bertoli - si legge nella prima sentenza di assoluzione di Neami - è pienamente dimostrata anche dal solo fatto che Bertoli è risultato essere, attraverso prove del tutto affidabili, in Israele nel periodo in cui Digiglio lo ha collocato a Verona, nell'appartamento in cui, secondo l'accusa Francesco Neami, lo avrebbe addestrato a compiere la strage.
Al sostituto procuratore di Milano Laura Bertolé Viale, questa ulteriore assoluzione non è bastata, ancora una volta con immancabile spirito persecutorio ricorre in Cassazione ma, questa volta al contrario di quanto accade l’1 luglio 2003, la Cassazione ha confermato la sentenza di assoluzione mettendo definitivamente la parola fine ad una persecuzione iniziata nel giugno del 1997 e conclusosi ad ottobre del 2005.
Riconoscere a Francesco Neami (al contrario di quanti hanno tradito), la ferma fede nel suo ideale, non permettendo che quanto gli è stato imposto patire lo allontanasse dal suo impegno politico, accettando di ricoprire, da ultimo, l’incarico di segretario provinciale della “Destra” di Storace, incarico abbandonato solo dopo che Storace, ha svenduto la sua formazione, ai berluscones.
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