I Fratelli d’Italia senza VERGOGNA, continuano ad avallare le tesi dei TRADITORI.
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I Fratelli d’Italia senza VERGOGNA, continuano ad avallare le tesi dei TRADITORI.
Il 30 maggio 2024, ricorreva il centenario dell’insignificante intervento del milionario socialista G. Matteotti alla Camera dei deputati (il Senato all’epoca era composto da nominati, reali), con il quale tenta senza alcuna dignità e con un accanimento feroce, d’infirmare la validità della consultazione elettorale del 6 aprile del 1924. Mistificazione affermata dai senza vergogna, antifascisti di destra e di sinistra, durante l’incomprensibile cerimoniale considerato che il discorso di Matteotti, scaturiva da un’ulteriore sconfitta per i le merde rosse. Infatti nel 1921, nonostante le violenze del biennio rosso, rispetto alle elezioni del 2019 i socialisti avevano affrontato una pesante sconfitta, perdendo il 7,06% e 33 seggi, mentre il Blocco Nazionale che si presentava per la prima volta veniva premiato con 105 seggi su 535.
La paranoia di Matteotti, veniva espressa nel discorso che segue, nel quale viene più volte interrotto da accese contestazioni dai deputati del Blocco Nazionale che, ricordiamolo, comprendeva, Fascisti, Liberali, Nazionalisti e fiancheggiatori di varie estrazioni.
Il nuovo presidente dell’assemblea è Alfredo Rocco, quasi afono, privo di esperienza, impicciato. Dà la parola a G. Matteotti, il quale esordisce senza preamboli. << - Noi abbiamo avuto dalla Giunta delle elezioni la proposta di convalida di molti colleghi. Ci opponiamo a questa proposta.
Ci opponiamo perché, se nominalmente la maggioranza governativa ha ottenuto quattro milioni di voti, noi sappiamo che questo è la conseguenza di una violenza mostruosa.
Per dichiarazione esplicita del capo del Fascismo, il Governo non considerava la sua sorte legata al responso elettorale. Anche se messo in minoranza, sarebbe rimasto al potere.
Per sostenere questi propositi del Governo, c’è una milizia armata. Che non è al servizio dello Stato, ma di un partito.
Non rinuncerò alla parola se non quando avrò esposto interamente il mio pensiero.
Il presidente Rocco invita Matteotti, ad attenersi all’argomento.
Forse ella non m’intende, presidente ma io sto parlando di elezioni. Al Messico, dove le elezioni si fanno lanciando bombe.
Chiedo scusa al Messico di questo confronto offensivo.
Matteotti elenca, con la precisione irritante di un vecchio notaio, le intimidazioni e le violenze subite dagli elettori del suo partito.
Una voce dice: i socialisti sono vigliacchi. Chiedilo a Filippo Turati! Il quale dice debbo ammettere, con mia grande vergogna, che per tenere un comizio ho dovuto chiedere la protezione degli squadristi.
Il presidente Rocco, cogliendo la palla a balzo dà la parola ad un altro oratore.
Matteotti dice questo è uno scandalo. Domando che si rispetti il mio diritto di parlare.
A Genova l’on. Gonzales è stato bastonato.
Una voce – E Berta? Parlaci del povero Berta!
L’onorevole Piccini ha appreso, a Bologna, quel che voleva dire obbedire al suo partito. Avendo accettato la candidatura, egli è stato ucciso nella sua abitazione. Saluto alla memoria.
Badate! Il soffocamento della libertà conduce ad errori dai quali il popolo ha provato che sa guarire. La tirannia determina la morte della Nazione.
I vecchi parlamentari ascoltano senza intervenire, G. Giolitti abbozza qualche lento gesto di fastidio.
Voi volete rigettare il Paese indietro, verso l’assolutismo., Noi invece difendiamo la libera sovranità del popolo italiano, al quale rivolgiamo il nostro saluto e del quale salvaguarderemo la dignità domandando che si faccia luce sulle elezioni.
Voi dichiarate, ogni giorno, di voler ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo. Altrimenti rovinerete quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere il Paese diviso in padroni e sudditi. È un sistema che provoca la licenza e la rivolta.
Concluso l’intervento Matteotti, sorridendo dice agli amici che lo complimentano, e adesso potete preparare la mia oraziona funebre.
Il presidente Rocca indice la votazione sulla richiesta formulata da Matteotti, di invalidare le elezioni, viene respinta con 285 no, 172 si e 57 astenuti. A questo punto viene tolta la seduta.
Il 30 maggio 2024: gli antifascisti della Camera dei deputati richiamando il soprastante discorso hanno inteso santificare Matteotti, il quale aveva falsificato la verità storica su quella che ancora oggi si ostinano di definire democrazia.
Il 6 aprile 1924, gli iscritti alle liste elettorali erano 11.939.450, nel 1921 11.701.496, di essi si recarono ai seggi nel 1924 7.614.451 pari al 63,78%, nel 1921 lo fecero 6.701.496 pari al 58,39%; i voti validi nel 1924 furono 7.165.502 pari al 94,10% nel 1921 i voti validi furono 6.608.141 pari al 98,61%; i voti non validi nel 1924 furono 448,949 pari al 5,90% (alla faccia dei brogli) nel 1921 i voti non validi furono 93,355 pari al 1,39%. Nel 1921 i socialisti, nonostante le violenze del biennio rosso, perdono il 7,06% e 33 seggi, mentre il Blocco Nazionale, presentatosi per la prima volta ottiene il 19,07% e 105 seggi sui 535.
Questo era stato il risultato uscito dalle urne del 6 aprile 1924, nulla ebbero a dire gli altri Capo partito. Le accuse mosse dal socialista, Traditore, Matteotti, erano inaccettabili per gli eletti nella Lista Nazionale. Come inaccettabile 100anni dopo dall’inutile discorso è che la Camera a maggioranza Centrodestra riservi all’antifascista Matteotti uno scranno, dove secondo l’attuale presidente L. Fontana, non dovrà più poggiare alcun deretano (cosa che nei 30anni di maggioranza della sinistra non è stato fatto).
Da grande svergognata il 30 maggio 2024, G. Meloni Traditrice al pari di Matteotti, alla Camera ha affermato: << - Matteotti, uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee. Di certo anche lei come Fini – to deve rispondere ad intersessi che con il Popolo italiano hanno poco da dividere.
Come capo del governo che ha vissuto gli anni di esclusione e persecuzione messo in atto dai partiti dell’arco costituzionale, prima del socialista Matteotti, doveva imporre il ricordo di Armando Casalini, deputato Fascista e sindacalista forlinese, ammazzato a revolverate il 12 settembre 1924 a Roma su una vettura tranviaria da Giovanni Corsi, il quale sottratto al linciaggio della folla, dice al commissario di Pubblica sicurezza ho voluto vendicare Matteotti.
CHI ERA MATTEOTTI?
Conosciamolo meglio. Durante la prima Guerra mondiale , come la maggior parte dei Traditori rossi si professa neutrale. I Fascisti da tempo gli rimproveravano l’atteggiamento antinazionale assunto proprio durante la guerra.
Non basta, da consigliere provinciale socialista di Rovigo, egli si è opposto alla concessione di un sussidio ai profughi del Friuli a all’impianto di un ospedale della Croce Rossa ad Arquà Polinese, dichiarando che, a suo modo di vedere, gl’italiani erano più assassini degli austriaci.
Antonio Salandra lo definiva << - Un acre ed increscioso nemico - >>; il Corriere della Sera nel 1921, lo ha ironicamente chiamato: << - Il Matar del Polesine ->>.
I Fascisti lo definivano: << - Milionario socialista - >>.
IL CLIMA PRELETTORALE.
L’accusa dei rossi contro i Fascisti come sempre , era di squadrismo. I Fascisti a sua volta accusavano i rossi, affermando che dai piccolo comuni alle grandi città la presenza dei rossi era soverchiante, per questo - i Fascisti - solo dopo una violenza rossa, si raccoglievano per formare una squadra punitiva con l’intendo di pareggiare la partita, ovunque la violenza aveva avuta luogo.
La legittima difesa, Fascista veniva giustificata. Arturo Labriola recatosi da Walter Mocchi per invitarlo ad aderire a una lista antiFascista, riceve una risposta inaspettata dal vecchio esponente del sindacalismo: - No carissimo Arturo. Sono, anzi, sorpreso che tu te ne vada con i morti, con i responsabili del disastro proletario.
Io che ho il massimo disprezzo per gli uomini in genere, credo – capisci? – in Benito Mussolini ed in Edmondo Rossoni, credo alla prepotenza romagnola della loro volontà di servirsi del potere non per sfruttarlo meschinamente, come Depretis, Giolitti e Nitti, ma per creare un partito nuovo che insegna al mondo e lo guidi.
Alle violenze dei rossi, come detto in Italia, rispondeva la violente difesa Fascista. Mentre all’estero i Fascisti continuavano a morire.
Il 26 marzo 1924, a poco più di una settimana dalla fine della campagna elettorale, i fuorusciti rossi dei Soviet, spingono Benito Mussolini a Milano, per assistere ai funerali del Fascista Nicola Bonsevizi, assassinato a Parigi.
Per ben due volte le elezioni legislative (1919 e 1921) non avevano portato alla formazione di governi capaci di rispondere agli interessi del Popolo. La Marcia su Roma del 28 ottobre del 1923, doveva pur cambiare qualcosa per giungere ad una certa stabilità, per questo il Parlamento si impegna a riformare la legge elettorale con la (legge 18 novembre 1923 n. 2444, nota come “legge Acerbo”), la quale garantiva alla lista più votata a livello nazionale - purché raggiungesse almeno il 25% dei voti validi – l’assegnazione dei 2/3 dei seggi in tutte le circoscrizioni.
Come si è potuto constatare, solamente tre furono i partiti capaci di presentarsi a livello nazionali, la LISTA NAZIONALE, il PARTITO POPOLARE ITALIANO e il PARTITO SOCIALIATA UNITARIO.
La Lista Nazionale ottenne il 60,09%, con l’assegnazione (come da legge) di 356 deputati, ma a causa della morte di Giuseppe de Nava né ottenne 355, il seggio venne assegnato ad un candidato del Partito Popolare, che da 39 passò a 40.
La mattina del 10 aprile Mussolini accorda un’intervista al corrispondente romano del Times, a cui dice nulla è più lontano dal mio spirito e dallo spirito del Fascismo – dell’antidemocraticismo dottrinale di coloro che sognano la reazione.
Massimo Gorki giunto in Italia per soggiornare a Sorrento, si proclama ammiratore dell’energia di Mussolini e aggiunge, Trorzky lo ha definito: << - il nostro splendido allievo - >>
SVOLTE L’ELEZIONI e RATIFICATI (nonostante l’intervento del socialista Matteotti) dalla Camera i deputati ELETTI, la democrazia parlamentare poteva ripartire.
Ma, la democrazia viene azzoppata da chi era abituato ad approfittare del Fascismo.
MATTEOTTI VIENE RAPITO
Matteotti il 30 aprile 1924 aveva perso, poteva blaterare quanto voleva, ormai non avrebbe avuto voce in capitolo, nessuno lo avrebbe seguito.
10 giugno 1924: Alle quattro e mezzo del pomeriggio, esce dalla sua abitazione, situata al n. 49 di via Pisanelli, non lontano da porta di Popolo, per recarsi a Montecitorio dove è atteso per una riunione, dei perdi tempo, preparatoria per la seduta del 13 giugno. Un’automobile << - Lancia - >> sostata al sole, all’angolo del lungotevere Armando da Brescia con via Scialoja lo attende; alle ore 16,33, quando Matteotti imbocca il lungotevere , tre individui scendono dalla << - Lancia - >> messegli a disposizione – chi sà perché - dal direttore del Corriere Italiano Filippo Filippelli, lo circondano. Lo colpiscono con un corpo contundente, lui inutilmente sfera qualche calcio, i tre lo spingono nell’automobile che parte velocemente verso la periferia.
La signora Matteotti non vedendolo rientrare denuncia la scomparsa del marito, alla presidenza della Camera, il quale non dice nulla a Mussolini.
Il giorno successivo, la politica è già in possesso di qualche traccia. Gli italiani continuano tuttavia ad ignorare il fatto. Il sindacato dei corrispondenti romani ha deciso di soprasedere alla sua divulgazione per non provocare un inutile allarme e non angustiare la vecchia madre del deputato, sola nella casa nel Polesine, sofferente di cuore.
Il 10 giugno 1924: diviene una data infausta per il Fascismo, restando incisa a lettere nere nei marmi della storia. Mussolini tenuto allo scuro delle indagini per due giorni, dice – Solo uno dei miei nemici poteva compiere questo delitto.
Il 12 giugno 1924, ore 17: nell’aula di Montecitorio affollatissima. Ancora ignaro di quanto è accaduto due giorni prima sul lungotevere Arnaldo da Brescia, Benito Mussolini risponde ai primi interpellanti affermando: << - Nulla sarà trascurato per far luce piena sul caso, individuare gli eventuali colpevoli e assicurarli alla giustizia >>. Prima di essere orribile, questo delitto è un’umiliante bestialità.
Un’ora dopo, alla presenza di Acerbo, Finzi e Sardi Mussolini, riceve a palazzo Chigi la moglie dl deputato socialista e le promette che sarà fatta giustizia. Quando la signora esce dal salone delle Vittorie (a testa alta, moralmente pallida, senza indulgere al pianto) il capo commesso Quinto Navarra vi entra a sua volta.
Alle ore 20,00, la situazione precipita. Emilio de Bono che, fino a quell’ora, confidando in chi sa quale miracolo dell’ultimo momento, aveva tenuto Benito Mussolini all’oscuro di tutto, ammette di essere in grado di ricostruire il delitto. I nomi degli autori materiali del ratto sono ormai noti. Quelli dei mandanti, veri o presunti, vengono pronunciati a voce alta Amerigo Dumini è tratto in arresto alla stazione Termini, mentre si accinge a lasciare Roma.
I suoi quattro compagni di banda risultano meno noti: sono giunti a Roma dalla provincia per aiutarlo nell’atto criminoso. L’accusa si estende, quali mandati, a Filippo Filippelli, direttore del Corriere Italiano, a Cesare Rossi capo dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio e a Giovanni Narinelli, segretario amministrativo del P.N.F..
Il sequestro di Matteotti diviene un atto di vigliaccheria da parte di tantissimi falsi fascisti tutti tesi a chiedere ed ottenere fine a quel momento, quel delitto li spinge a togliere da se ogni possibile riferimento che li possa identificare con l’essere Fascista.
Nei corridoi di Montecitorio, alcuni parlamentari fascisti si riaccostano timidamente ai colleghi dell’opposizione, ansiosi di dimostrare la loro avversione alla violenza ed all’arbitrio. Il deputato Terzaghi, squadrista della prima ora, reclama addirittura la testa di Mussolini.
Il 13 giugno 1924: ore 11, i partiti d’opposizione si riuniscono a Montecitorio, sotto la presidenza di Bruno Buozzi. Al termine della riunione, viene deciso di non (rappresentare più i 3.000.000 di elettori che li hanno votati) partecipare ai lavori parlamentari, in attesa di constatare quale sarà l’azione del Governo.
Nasce l’Aventino. Le opposizione vigliaccamente con il loro atteggiamento promuovono la fine della democrazia.
Alle cinque di pomeridiane, Benito Mussolini parla alla Camera. Dopo aver comunicato gli arresti eseguiti e i progressi delle indagini, dice: << - Se si tratta di deplorare, se si tratta di condannare, se si tratta di compiangere la vittima, se si tratta di procedere alla ricerca di tutti i colpevoli e di tutti i responsabili, siamo qui a ripetere che ciò sarà fatto tranquillamente e inesorabilmente.
Nella notte, Benito Mussolini presiede il Gran Consiglio. La seduta è agitata Francesco Giunta accusa esplicitamente Cesare Rossi di essere il mandante del delitto. Poi rivolto a Giuseppe Marinelli e ad Emilio de Bono, esclama: Siete voi due gli organizzatori del rapimento. Avete tradito il nostro capo!
Emilio de Bono costretto ad abbandonare la Direzione generale della Pubblica Sicurezza! Filippo Filippelli catturato in riviera, mentre tentava di fuggire a bordo di un veloce motoscafo! Giovanni Merinelli viene arrestato!
La sera del 14 giugno 1924 gli onorevoli socialisti Turati, Treves e Modigliani, salgono le scale del modesto appartamento romano di via Cavur di Giovanni Giolitti, ansiosi di averne consigli. La risposta dello statista di Dronero è vagamente ironica: - lor signori non sono persone in minore età. Non hanno bisogno della mia tutela. Si comportino dunque come la loro coscienza li ispira. Egli consente tuttavia, a precisare quale sarà il suo contegno. – Io non diserterò il Parlamento, ritenendo ciò gravissimo errore politico - anche per me, certo sarebbe piacevole starmene a casa. Ma gli elettori mi hanno confidato il loro mandato, non per fare il mio comodo, ma quello che credo l’interesse del Paese.
Appena arrestato, Amerigo Dumini, uno dei rapitori, specifica che l’operazione è stata ordinata da Marinelli non già in rapporto al violento discorso pronunciato il 30 maggio da Matteotti, ma perché al deputato socialista il segretario amministrativo del PNF attribuiva la responsabilità delle violenze compiute in Francia contro gl’Italiani di fede Fascista.
Dumini aggiunge: << - l’ordine non era di uccidere, ma di strappare a Matteotti le prove o, addirittura, una confessione di colpa.
Poveromo, un altro accusato del rapimento, aggiunge: << - Portato di peso nella macchina, Matteotti fu opposto fra me e Malacria, Dumini e Albino Volpi stavano davanti. Viola si sente male. Matteotti poggiava con la testa sulle mie gambe, mi accorsi, ad un certo punto che perdeva sangue dalla bocca. Aveva una grossa ferita alla nuca. Viola avvertì Dumini. Ci accorgemmo che Matteotti era morto. Allora perdemmo la testa. Girammo come forsennati per la campagna romana. Percorremmo 350 Km, senza avere una nozione esatta di ciò che volevamo fare. Ci fermammo in fine a 25 km da Roma, e decidemmo di occultare il cadavere in un bosco.
Il 17 giugno 1924: Mussolini indulgendo a una crisi depressiva, invita a colloquio il giornalista Carlo Silvestri, che il Corriere della Sera ha distaccato a Roma affinché orchestri la campagna dell’opposizione. Da Milano, con una perentoria nota di servizio, Luigi Albertini rifiuta però al suo redattore il permesso di incontrare il capo del Governo.
Vittorio Emanuele III riceve la medaglia d’oro Bruno Gemelli. - So – gli dice a mò di commiato – che Mussolini mi è fedele e che non è responsabile di quanto è avvenuto. Sia certo che rimarrà al Governo.
Poi rimasto solo con il generale Scaroni, spiega al suo aiutante di campo: - Mussolini è piuttosto ottimista sulle persone in genere. Egli parte dal principio che tutte le persone sono buone. In principio, quando io gli dicevo che del Tizio e del Caio non ci si può fidare, egli mi stava ad ascoltar con area incredula: dovevo mostrargli con i fatti che era veramente cosi. Questo è un buon segno. Vuol dire che lui stesso è buono, non vi pare?
Il 22 giugno 1924: a Bologna per la seconda volta, 30.000 camice nere vengono arringati in piazza da Roberto Farinacci e da Dino Grandi.
Mussolini al Senato afferma quello di Matteotti non è soltanto un delitto, ma un errore. L’azione della giustizia sarà inflessibile. Non si è guardato e non si guarderà alle posizioni alte o basse dei colpevoli. I capisaldi della politica governativa – prosegue – sono quattro: far funzionare regolarmente e nobilmente l’istituto parlamentare, come organo del potere legislativo, restituendogli le sue capacità e il suo prestigio.
Cosa che non avvenne per la vigliaccheria degli antiFascisti i quali anziché il confronto scelsero l’Aventino.
A giorni vedremo se i parlamentari meloniani accorderanno ai Traditori un’altra pagliacciata, celebrando il 100ennario dell’Aventino
La paranoia di Matteotti, veniva espressa nel discorso che segue, nel quale viene più volte interrotto da accese contestazioni dai deputati del Blocco Nazionale che, ricordiamolo, comprendeva, Fascisti, Liberali, Nazionalisti e fiancheggiatori di varie estrazioni.
Il nuovo presidente dell’assemblea è Alfredo Rocco, quasi afono, privo di esperienza, impicciato. Dà la parola a G. Matteotti, il quale esordisce senza preamboli. << - Noi abbiamo avuto dalla Giunta delle elezioni la proposta di convalida di molti colleghi. Ci opponiamo a questa proposta.
Ci opponiamo perché, se nominalmente la maggioranza governativa ha ottenuto quattro milioni di voti, noi sappiamo che questo è la conseguenza di una violenza mostruosa.
Per dichiarazione esplicita del capo del Fascismo, il Governo non considerava la sua sorte legata al responso elettorale. Anche se messo in minoranza, sarebbe rimasto al potere.
Per sostenere questi propositi del Governo, c’è una milizia armata. Che non è al servizio dello Stato, ma di un partito.
Non rinuncerò alla parola se non quando avrò esposto interamente il mio pensiero.
Il presidente Rocco invita Matteotti, ad attenersi all’argomento.
Forse ella non m’intende, presidente ma io sto parlando di elezioni. Al Messico, dove le elezioni si fanno lanciando bombe.
Chiedo scusa al Messico di questo confronto offensivo.
Matteotti elenca, con la precisione irritante di un vecchio notaio, le intimidazioni e le violenze subite dagli elettori del suo partito.
Una voce dice: i socialisti sono vigliacchi. Chiedilo a Filippo Turati! Il quale dice debbo ammettere, con mia grande vergogna, che per tenere un comizio ho dovuto chiedere la protezione degli squadristi.
Il presidente Rocco, cogliendo la palla a balzo dà la parola ad un altro oratore.
Matteotti dice questo è uno scandalo. Domando che si rispetti il mio diritto di parlare.
A Genova l’on. Gonzales è stato bastonato.
Una voce – E Berta? Parlaci del povero Berta!
L’onorevole Piccini ha appreso, a Bologna, quel che voleva dire obbedire al suo partito. Avendo accettato la candidatura, egli è stato ucciso nella sua abitazione. Saluto alla memoria.
Badate! Il soffocamento della libertà conduce ad errori dai quali il popolo ha provato che sa guarire. La tirannia determina la morte della Nazione.
I vecchi parlamentari ascoltano senza intervenire, G. Giolitti abbozza qualche lento gesto di fastidio.
Voi volete rigettare il Paese indietro, verso l’assolutismo., Noi invece difendiamo la libera sovranità del popolo italiano, al quale rivolgiamo il nostro saluto e del quale salvaguarderemo la dignità domandando che si faccia luce sulle elezioni.
Voi dichiarate, ogni giorno, di voler ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo. Altrimenti rovinerete quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione. Non continuate più oltre a tenere il Paese diviso in padroni e sudditi. È un sistema che provoca la licenza e la rivolta.
Concluso l’intervento Matteotti, sorridendo dice agli amici che lo complimentano, e adesso potete preparare la mia oraziona funebre.
Il presidente Rocca indice la votazione sulla richiesta formulata da Matteotti, di invalidare le elezioni, viene respinta con 285 no, 172 si e 57 astenuti. A questo punto viene tolta la seduta.
Il 30 maggio 2024: gli antifascisti della Camera dei deputati richiamando il soprastante discorso hanno inteso santificare Matteotti, il quale aveva falsificato la verità storica su quella che ancora oggi si ostinano di definire democrazia.
Il 6 aprile 1924, gli iscritti alle liste elettorali erano 11.939.450, nel 1921 11.701.496, di essi si recarono ai seggi nel 1924 7.614.451 pari al 63,78%, nel 1921 lo fecero 6.701.496 pari al 58,39%; i voti validi nel 1924 furono 7.165.502 pari al 94,10% nel 1921 i voti validi furono 6.608.141 pari al 98,61%; i voti non validi nel 1924 furono 448,949 pari al 5,90% (alla faccia dei brogli) nel 1921 i voti non validi furono 93,355 pari al 1,39%. Nel 1921 i socialisti, nonostante le violenze del biennio rosso, perdono il 7,06% e 33 seggi, mentre il Blocco Nazionale, presentatosi per la prima volta ottiene il 19,07% e 105 seggi sui 535.
Questo era stato il risultato uscito dalle urne del 6 aprile 1924, nulla ebbero a dire gli altri Capo partito. Le accuse mosse dal socialista, Traditore, Matteotti, erano inaccettabili per gli eletti nella Lista Nazionale. Come inaccettabile 100anni dopo dall’inutile discorso è che la Camera a maggioranza Centrodestra riservi all’antifascista Matteotti uno scranno, dove secondo l’attuale presidente L. Fontana, non dovrà più poggiare alcun deretano (cosa che nei 30anni di maggioranza della sinistra non è stato fatto).
Da grande svergognata il 30 maggio 2024, G. Meloni Traditrice al pari di Matteotti, alla Camera ha affermato: << - Matteotti, uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee. Di certo anche lei come Fini – to deve rispondere ad intersessi che con il Popolo italiano hanno poco da dividere.
Come capo del governo che ha vissuto gli anni di esclusione e persecuzione messo in atto dai partiti dell’arco costituzionale, prima del socialista Matteotti, doveva imporre il ricordo di Armando Casalini, deputato Fascista e sindacalista forlinese, ammazzato a revolverate il 12 settembre 1924 a Roma su una vettura tranviaria da Giovanni Corsi, il quale sottratto al linciaggio della folla, dice al commissario di Pubblica sicurezza ho voluto vendicare Matteotti.
CHI ERA MATTEOTTI?
Conosciamolo meglio. Durante la prima Guerra mondiale , come la maggior parte dei Traditori rossi si professa neutrale. I Fascisti da tempo gli rimproveravano l’atteggiamento antinazionale assunto proprio durante la guerra.
Non basta, da consigliere provinciale socialista di Rovigo, egli si è opposto alla concessione di un sussidio ai profughi del Friuli a all’impianto di un ospedale della Croce Rossa ad Arquà Polinese, dichiarando che, a suo modo di vedere, gl’italiani erano più assassini degli austriaci.
Antonio Salandra lo definiva << - Un acre ed increscioso nemico - >>; il Corriere della Sera nel 1921, lo ha ironicamente chiamato: << - Il Matar del Polesine ->>.
I Fascisti lo definivano: << - Milionario socialista - >>.
IL CLIMA PRELETTORALE.
L’accusa dei rossi contro i Fascisti come sempre , era di squadrismo. I Fascisti a sua volta accusavano i rossi, affermando che dai piccolo comuni alle grandi città la presenza dei rossi era soverchiante, per questo - i Fascisti - solo dopo una violenza rossa, si raccoglievano per formare una squadra punitiva con l’intendo di pareggiare la partita, ovunque la violenza aveva avuta luogo.
La legittima difesa, Fascista veniva giustificata. Arturo Labriola recatosi da Walter Mocchi per invitarlo ad aderire a una lista antiFascista, riceve una risposta inaspettata dal vecchio esponente del sindacalismo: - No carissimo Arturo. Sono, anzi, sorpreso che tu te ne vada con i morti, con i responsabili del disastro proletario.
Io che ho il massimo disprezzo per gli uomini in genere, credo – capisci? – in Benito Mussolini ed in Edmondo Rossoni, credo alla prepotenza romagnola della loro volontà di servirsi del potere non per sfruttarlo meschinamente, come Depretis, Giolitti e Nitti, ma per creare un partito nuovo che insegna al mondo e lo guidi.
Alle violenze dei rossi, come detto in Italia, rispondeva la violente difesa Fascista. Mentre all’estero i Fascisti continuavano a morire.
Il 26 marzo 1924, a poco più di una settimana dalla fine della campagna elettorale, i fuorusciti rossi dei Soviet, spingono Benito Mussolini a Milano, per assistere ai funerali del Fascista Nicola Bonsevizi, assassinato a Parigi.
Per ben due volte le elezioni legislative (1919 e 1921) non avevano portato alla formazione di governi capaci di rispondere agli interessi del Popolo. La Marcia su Roma del 28 ottobre del 1923, doveva pur cambiare qualcosa per giungere ad una certa stabilità, per questo il Parlamento si impegna a riformare la legge elettorale con la (legge 18 novembre 1923 n. 2444, nota come “legge Acerbo”), la quale garantiva alla lista più votata a livello nazionale - purché raggiungesse almeno il 25% dei voti validi – l’assegnazione dei 2/3 dei seggi in tutte le circoscrizioni.
Come si è potuto constatare, solamente tre furono i partiti capaci di presentarsi a livello nazionali, la LISTA NAZIONALE, il PARTITO POPOLARE ITALIANO e il PARTITO SOCIALIATA UNITARIO.
La Lista Nazionale ottenne il 60,09%, con l’assegnazione (come da legge) di 356 deputati, ma a causa della morte di Giuseppe de Nava né ottenne 355, il seggio venne assegnato ad un candidato del Partito Popolare, che da 39 passò a 40.
La mattina del 10 aprile Mussolini accorda un’intervista al corrispondente romano del Times, a cui dice nulla è più lontano dal mio spirito e dallo spirito del Fascismo – dell’antidemocraticismo dottrinale di coloro che sognano la reazione.
Massimo Gorki giunto in Italia per soggiornare a Sorrento, si proclama ammiratore dell’energia di Mussolini e aggiunge, Trorzky lo ha definito: << - il nostro splendido allievo - >>
SVOLTE L’ELEZIONI e RATIFICATI (nonostante l’intervento del socialista Matteotti) dalla Camera i deputati ELETTI, la democrazia parlamentare poteva ripartire.
Ma, la democrazia viene azzoppata da chi era abituato ad approfittare del Fascismo.
MATTEOTTI VIENE RAPITO
Matteotti il 30 aprile 1924 aveva perso, poteva blaterare quanto voleva, ormai non avrebbe avuto voce in capitolo, nessuno lo avrebbe seguito.
10 giugno 1924: Alle quattro e mezzo del pomeriggio, esce dalla sua abitazione, situata al n. 49 di via Pisanelli, non lontano da porta di Popolo, per recarsi a Montecitorio dove è atteso per una riunione, dei perdi tempo, preparatoria per la seduta del 13 giugno. Un’automobile << - Lancia - >> sostata al sole, all’angolo del lungotevere Armando da Brescia con via Scialoja lo attende; alle ore 16,33, quando Matteotti imbocca il lungotevere , tre individui scendono dalla << - Lancia - >> messegli a disposizione – chi sà perché - dal direttore del Corriere Italiano Filippo Filippelli, lo circondano. Lo colpiscono con un corpo contundente, lui inutilmente sfera qualche calcio, i tre lo spingono nell’automobile che parte velocemente verso la periferia.
La signora Matteotti non vedendolo rientrare denuncia la scomparsa del marito, alla presidenza della Camera, il quale non dice nulla a Mussolini.
Il giorno successivo, la politica è già in possesso di qualche traccia. Gli italiani continuano tuttavia ad ignorare il fatto. Il sindacato dei corrispondenti romani ha deciso di soprasedere alla sua divulgazione per non provocare un inutile allarme e non angustiare la vecchia madre del deputato, sola nella casa nel Polesine, sofferente di cuore.
Il 10 giugno 1924: diviene una data infausta per il Fascismo, restando incisa a lettere nere nei marmi della storia. Mussolini tenuto allo scuro delle indagini per due giorni, dice – Solo uno dei miei nemici poteva compiere questo delitto.
Il 12 giugno 1924, ore 17: nell’aula di Montecitorio affollatissima. Ancora ignaro di quanto è accaduto due giorni prima sul lungotevere Arnaldo da Brescia, Benito Mussolini risponde ai primi interpellanti affermando: << - Nulla sarà trascurato per far luce piena sul caso, individuare gli eventuali colpevoli e assicurarli alla giustizia >>. Prima di essere orribile, questo delitto è un’umiliante bestialità.
Un’ora dopo, alla presenza di Acerbo, Finzi e Sardi Mussolini, riceve a palazzo Chigi la moglie dl deputato socialista e le promette che sarà fatta giustizia. Quando la signora esce dal salone delle Vittorie (a testa alta, moralmente pallida, senza indulgere al pianto) il capo commesso Quinto Navarra vi entra a sua volta.
Alle ore 20,00, la situazione precipita. Emilio de Bono che, fino a quell’ora, confidando in chi sa quale miracolo dell’ultimo momento, aveva tenuto Benito Mussolini all’oscuro di tutto, ammette di essere in grado di ricostruire il delitto. I nomi degli autori materiali del ratto sono ormai noti. Quelli dei mandanti, veri o presunti, vengono pronunciati a voce alta Amerigo Dumini è tratto in arresto alla stazione Termini, mentre si accinge a lasciare Roma.
I suoi quattro compagni di banda risultano meno noti: sono giunti a Roma dalla provincia per aiutarlo nell’atto criminoso. L’accusa si estende, quali mandati, a Filippo Filippelli, direttore del Corriere Italiano, a Cesare Rossi capo dell’ufficio stampa della Presidenza del Consiglio e a Giovanni Narinelli, segretario amministrativo del P.N.F..
Il sequestro di Matteotti diviene un atto di vigliaccheria da parte di tantissimi falsi fascisti tutti tesi a chiedere ed ottenere fine a quel momento, quel delitto li spinge a togliere da se ogni possibile riferimento che li possa identificare con l’essere Fascista.
Nei corridoi di Montecitorio, alcuni parlamentari fascisti si riaccostano timidamente ai colleghi dell’opposizione, ansiosi di dimostrare la loro avversione alla violenza ed all’arbitrio. Il deputato Terzaghi, squadrista della prima ora, reclama addirittura la testa di Mussolini.
Il 13 giugno 1924: ore 11, i partiti d’opposizione si riuniscono a Montecitorio, sotto la presidenza di Bruno Buozzi. Al termine della riunione, viene deciso di non (rappresentare più i 3.000.000 di elettori che li hanno votati) partecipare ai lavori parlamentari, in attesa di constatare quale sarà l’azione del Governo.
Nasce l’Aventino. Le opposizione vigliaccamente con il loro atteggiamento promuovono la fine della democrazia.
Alle cinque di pomeridiane, Benito Mussolini parla alla Camera. Dopo aver comunicato gli arresti eseguiti e i progressi delle indagini, dice: << - Se si tratta di deplorare, se si tratta di condannare, se si tratta di compiangere la vittima, se si tratta di procedere alla ricerca di tutti i colpevoli e di tutti i responsabili, siamo qui a ripetere che ciò sarà fatto tranquillamente e inesorabilmente.
Nella notte, Benito Mussolini presiede il Gran Consiglio. La seduta è agitata Francesco Giunta accusa esplicitamente Cesare Rossi di essere il mandante del delitto. Poi rivolto a Giuseppe Marinelli e ad Emilio de Bono, esclama: Siete voi due gli organizzatori del rapimento. Avete tradito il nostro capo!
Emilio de Bono costretto ad abbandonare la Direzione generale della Pubblica Sicurezza! Filippo Filippelli catturato in riviera, mentre tentava di fuggire a bordo di un veloce motoscafo! Giovanni Merinelli viene arrestato!
La sera del 14 giugno 1924 gli onorevoli socialisti Turati, Treves e Modigliani, salgono le scale del modesto appartamento romano di via Cavur di Giovanni Giolitti, ansiosi di averne consigli. La risposta dello statista di Dronero è vagamente ironica: - lor signori non sono persone in minore età. Non hanno bisogno della mia tutela. Si comportino dunque come la loro coscienza li ispira. Egli consente tuttavia, a precisare quale sarà il suo contegno. – Io non diserterò il Parlamento, ritenendo ciò gravissimo errore politico - anche per me, certo sarebbe piacevole starmene a casa. Ma gli elettori mi hanno confidato il loro mandato, non per fare il mio comodo, ma quello che credo l’interesse del Paese.
Appena arrestato, Amerigo Dumini, uno dei rapitori, specifica che l’operazione è stata ordinata da Marinelli non già in rapporto al violento discorso pronunciato il 30 maggio da Matteotti, ma perché al deputato socialista il segretario amministrativo del PNF attribuiva la responsabilità delle violenze compiute in Francia contro gl’Italiani di fede Fascista.
Dumini aggiunge: << - l’ordine non era di uccidere, ma di strappare a Matteotti le prove o, addirittura, una confessione di colpa.
Poveromo, un altro accusato del rapimento, aggiunge: << - Portato di peso nella macchina, Matteotti fu opposto fra me e Malacria, Dumini e Albino Volpi stavano davanti. Viola si sente male. Matteotti poggiava con la testa sulle mie gambe, mi accorsi, ad un certo punto che perdeva sangue dalla bocca. Aveva una grossa ferita alla nuca. Viola avvertì Dumini. Ci accorgemmo che Matteotti era morto. Allora perdemmo la testa. Girammo come forsennati per la campagna romana. Percorremmo 350 Km, senza avere una nozione esatta di ciò che volevamo fare. Ci fermammo in fine a 25 km da Roma, e decidemmo di occultare il cadavere in un bosco.
Il 17 giugno 1924: Mussolini indulgendo a una crisi depressiva, invita a colloquio il giornalista Carlo Silvestri, che il Corriere della Sera ha distaccato a Roma affinché orchestri la campagna dell’opposizione. Da Milano, con una perentoria nota di servizio, Luigi Albertini rifiuta però al suo redattore il permesso di incontrare il capo del Governo.
Vittorio Emanuele III riceve la medaglia d’oro Bruno Gemelli. - So – gli dice a mò di commiato – che Mussolini mi è fedele e che non è responsabile di quanto è avvenuto. Sia certo che rimarrà al Governo.
Poi rimasto solo con il generale Scaroni, spiega al suo aiutante di campo: - Mussolini è piuttosto ottimista sulle persone in genere. Egli parte dal principio che tutte le persone sono buone. In principio, quando io gli dicevo che del Tizio e del Caio non ci si può fidare, egli mi stava ad ascoltar con area incredula: dovevo mostrargli con i fatti che era veramente cosi. Questo è un buon segno. Vuol dire che lui stesso è buono, non vi pare?
Il 22 giugno 1924: a Bologna per la seconda volta, 30.000 camice nere vengono arringati in piazza da Roberto Farinacci e da Dino Grandi.
Mussolini al Senato afferma quello di Matteotti non è soltanto un delitto, ma un errore. L’azione della giustizia sarà inflessibile. Non si è guardato e non si guarderà alle posizioni alte o basse dei colpevoli. I capisaldi della politica governativa – prosegue – sono quattro: far funzionare regolarmente e nobilmente l’istituto parlamentare, come organo del potere legislativo, restituendogli le sue capacità e il suo prestigio.
Cosa che non avvenne per la vigliaccheria degli antiFascisti i quali anziché il confronto scelsero l’Aventino.
A giorni vedremo se i parlamentari meloniani accorderanno ai Traditori un’altra pagliacciata, celebrando il 100ennario dell’Aventino
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