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Messaggio  Admin Mar 17 Set 2024, 18:31

Per non dimenticare!

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Cognome e Nome: Oreste Angelo Stefano Abate (Questo il nome completo)
Luogo e data dell’attentato: Ciliverghe di Mazzano (BS), 1° ottobre 1950
Luogo e data della morte: Brescia (BS), 3 ottobre 1950

Descrizione dell’attentato:
Oreste Abate, Fascista, militante del M.S.I. era entrato nel mirino degli anti-Fascisti per la sua fede mai rinnegata e per questo aveva già subito una prima aggressione.
La notte del 1° ottobre 1950, come abbiamo detto, cade in un agguato. Tutto comincio nell’osteria Piovanelli, in via Conciliazione, a Ciliverghe, intorno alle 22.00 del 30 settembre durante una partita di Morra (gioco proibito) che porto Abate ad avere un infuocato battibecco con Orlando Tellaroni, un diciannovenne militante comunista  il quale era adirato per le continue perditi in favore di Abate, il quale al contrario del diciannovenne era euforico e per questo scherzosamente lo prese in giro, il giovane anti-Fascista per tutta risposta, reagì brandendo una sedia e scagliandosi contro Abate. Solo l’intervento di altri avventori evitò il peggio.
Stante il forte maltempo i due rimasero all’interno dell’osteria fino alle due del mattino.

In Tellaroni, però,  l’animosità  era aumentata, non  era soddisfatto  di come si era  concluso lo sbeffeggiamento che Abate aveva messo in atto (scherzando) sulle perdite  che il comunista aveva subito per mano di un Fascista, tanto da recarsi ad aspettarlo nei pressi dell’abitazione del Fascista per riprendere la lite mai veramente sopita.  La moglie di Abate, Amabile Bonini, informata di quanto era accaduto proprio dalla voce del giovane comunista, appostatosi nei pressi dell’abitazione, corse  con degli amici a cercare il marito che, rientrando a tarda ora a casa era di nuovo uscito.  La moglie riuscì a convincerlo a tornare a casa per non far peggiorare  la situazione.  Ma a nulla è valso, appena giunto nei pressi della abitazione, Abate venne vigliaccamente aggredito alle spalle dal comunista Tellaroni che, prese una grassa pietra, gli fracassò il cranio (la squamma del temporale e dell’occipitale destro).  L’Abate rassicurò la moglie sulla ferita subita, dandole poca importanza, venne portato a casa e messo  a letto. Solo verso le undici del mattino fu chiara l’estrema gravità in cui versava l’aggredito. Subito soccorso, Abate venne portato d’urgenza all’ospedale civile di Brescia, in Via Moretto n. 44, dove morì dopo due giorni di sofferenza. Erano le 20,30 del 3 ottobre 1950.      

L’eco della morte di Abate scosse la coscienza di molti fascisti bresciani che, fino ad allora, avevano esitato a schierarsi per timore di ritorsioni contro di loro e, soprattutto, le loro famiglie. Questo ennesimo atto di violenza contro un Fascista fu la goccia che fede traboccare il vaso; il tragico evento spinse i fascisti della zona a passare all’azione e costituire ovunque fosse possibile sezione del MSI, per difendersi dall’offensiva anti-Fascista in atto.

Ad oltre cinque anni dalla fine della guerra, il clima stava finalmente cambiando all’orizzonte, v’erano i primi grandi successi del Movimento Sociale Italiano che, almeno fino al 1960, misero all’angolo l’anti-Fascismo comunista.

Biografia:
Oreste Abate, era nato nella piccola frazione di Ciliverghe di Mazzano in provincia di Brescia, il 18 ottobre 1909, Fascista da sempre a settembre del 1943 all’età di 34 anni entra a far parte della Repubblica Sociale Italiana, viene fatto prigioniero e condotto nel campo di concentramento di Coltano una frazione del comune di Pisa dove la sorveglianza era affidata, dai criminali delle forze armate americane, ai prigionieri tedeschi i quali sentendosi particolarmente gratificati dal compito, per rendersi graditi ai loro carcerieri infierivano sui sorvegliati, per lo più ex soldati della Repubblica Sociale (R.S.I.) catturati dopo il 25 aprile 1945.

Abate  ha condiviso la prigionia in quel campo con oltre 30.000 irriducibili, giovani fascisti arruolatosi volontari per reazione al cosiddetto tradimento badogliano  che aveva causato quella che Ernesto Galli della Loggia definì “morte della patria”, tra di loro cerano lo scrittore Marco Ramperti, il grande orientalista Pio Filippani Ronconi, gli attori Walter Chiari, Enrico Maria Salerno, Raimondo Vianello, l’atleta Pino Dordoni, medaglia d’oro alle olimpiadi di Helsinki, il giornalista Enrico Ameri il matematico Giovanni Prodi, fratello del più famoso Romano ex presidente del consiglio, il giornalista Vito Mussolini, nipote del Duce, già direttore del Popolo d’Italia, i generali Agosti, Berti, D’Alba, Farina, Frigerio, Bonomi, Adami Rossi, Gambara, Carloni, Lotti Mischi e Canavari, l’ex segretario del PNF prof. Aldo Vidussoni.

Tutti i prigionieri  venivano trattati con estrema durezza dagli americani che li sottoponevano, come ricordano diverse testimonianze, a sistematiche e severe punizioni quasi sempre consistenti o nell’esposizione per ore al sole o al freddo senza alcuna protezione o nella privazione di somministrazione del rancio quotidiano.
In queste condizioni, molti dei reclusi finirono per ammalarsi anche gravemente e ci fu, persino, qualcuno che “uscì fuori di senno”.
Ritornato a casa fu oggetto di continue discriminazioni, tanto che nessuno voleva assumerlo. Costretto a condizioni di indigenza, trovò nel costituendo MSI una comunità di affetti.

Il suo assassinio ha aggravato la situazione di indigenza della moglie Amabile Bonini, e dei tre figli tutti in tenerissima età.

Stato Processuale:
La stessa notte dell’aggressione i Carabinieri arrestarono il giovane comunista Orlando Tellaroni, la stampa fece di tutto per depotenziare quanto accaduto confinando il fatto  in articoli di cronaca secondaria (cfr. assassinato dai comunisti un iscritto al MSI, “Lotta Politica” a. II, n.42, 21 Ottobre 1950) tanto che, i giudici da subito poterono derubricare l’omicidio da volontario a preterintenzionale, in quanto secondo loro, non vi fu nel Tellaroni volontà omicida. Esclusero altresì la motivazione politica, essendo i due, comunque, stati visti giocare insieme, prima dello scoppio della lite. L’8 Marzo 1951, il giovane comunista fu condannato a 10 anni di reclusione (di cui tre saranno poi condonati dall’amnistia e l’indulto stabilito con DPR n. 922 del 19 Dicembre 1953 voluto dal Ministro comunista Palmiro Togliatti per salvare dal carcere i partigiani che agirono nel triangolo rosso).
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